Un paesaggio disegnato da recenti fluttuazioni del clima
Geografia fisica e geomorfologia
Il massiccio montuoso dell’Argentera-Mercantour è il nucleo delle Alpi Marittime, prossimo alla costa mediterranea ligure-provenzale e alla pianura piemontese. Comprende più di venti cime che superano i 3000 metri e si presenta, sui lati francese e italiano, con morfologie acclivi, valli strette e versanti scoscesi. L’incisione profonda di queste forme del rilievo è stata fortemente condizionata dai climi recenti e dal dominio di due grandi famiglie di rocce. La parte centrale dei due Parchi è composta di rocce cristalline, simili alla porzione interna della crosta profonda del continente europeo, portata in superficie durante la formazione della catena alpina.
Tutt’intorno si estendono invece strette fasce di rocce sedimentarie che si sono depositate in vari bacini, continentali e marini, su una crosta continentale sottile, dal Carbonifero al Terziario, prima che questa parte delle Alpi prendesse forma come nuova catena montuosa. Gli insiemi allungati di rocce sedimentarie fasciano in cinture concentriche il nucleo cristallino del massiccio e sono i resti del riempimento di diversi bacini.
Molto scenografici oltre che interessanti sono i paesaggi principalmente scolpiti dalle lingue glaciali e dai plateau di alimentazione degli antichi ghiacciai sui due versanti di questo tratto alpino, a lungo influenzato da climi marini che hanno esaltato gli effetti modellatori delle glaciazioni. Le lingue glaciali hanno inciso le valli in profondità e contribuito a dare forma alla pianura rifornendo periodicamente i suoi margini con immense quantità di sabbie, ghiaie e massi (ammassi di rocce clastiche non coesive), prodotti derivati dalla demolizione di fianchi vallivi e alti circhi di testata; le rocce metamorfiche e magmatiche del nucleo centrale mostrano infatti valli incise da vasti gradini e soglie quasi interamente denudate, con accumuli di mascheramento detritico e morenico più abbondanti nei fondovalle, frutto dell’azione di oltre un milione d’anni degli agenti climatici su un massiccio alpino molto prossimo alla costa marina.
Rocce antiche e recenti
La parte centrale delle Alpi Marittime è denominata dai geologi “Massiccio cristallino dell’Argentera”, poiché è formata in prevalenza da rocce antiche, di varia origine, trasformate in profondità nella crosta (metamorfiche, cristalline) e da rocce magmatiche prodotte dalla loro parziale fusione (rocce granitoidi). Al centro del massiccio (intorno al Colle di Salèses-Lac Nègre, Giegn, Laghi Fremamorta, nelle piane del Valasco, Casa del Re e alla Cresta Savoia-Prefouns-Portette) affiora una massa di rocce ignee di colore bianco, formate dal raffreddamento lento di masse fuse (magmi), risalite sino alla crosta superiore alla fine dell’orogenesi varisica (un tempo detta ercinica, datata fra 330 e 280 milioni di anni fa): sono graniti a varia grana (a seconda della taglia dei loro granuli minerali). I graniti sono oggi avvolti dalle rocce che hanno arrestato la risalita del fuso-madre dal quale sono cristallizzati. Le rocce che avvolgono i graniti si sono formate durante l’orogenesi varisica in zone profonde della crosta continentale europea, dove temperature e pressioni elevate le hanno trasformate in rocce metamorfiche di alto grado (gneiss, anfiboliti, marmi, eclogiti, granuliti). In molti casi, diffusi nello spazio Argentera-Mercantour, gli gneiss e le anfiboliti sono divenute ultra-metamorfiche, ovvero parzialmente fuse: sono le migmatiti, rocce miste che possiedono livelli un tempo passati attraverso la fusione di alcuni componenti, associati a livelli sempre rimasti solidi.
Nelle zone periferiche delle Alpi Marittime dominano invece rocce più recenti, di origine sedimentaria (calcari, dolomie, marne, argille, arenarie, quarzareniti), depositatesi in un lungo intervallo di tempo su quelle del massiccio cristallino in periodi di assottigliamento crostale, e riprese tettonicamente solo dal ciclo orogenetico alpino (da 90 a 30 milioni di anni fa). La strutturazione tettonica della catena alpina ha sovvertito l’ordine stratigrafico di molte rocce: così è possibile vedere in affioramento rocce antiche che poggiano sulle rocce più recenti. È un fatto evidente in particolare nelle inserzioni tettoniche di sedimenti carboniferi, permiani, e sino a triassici all’interno di zone di faglia subverticali formatesi nel basamento cristallino durante le ultime due orogenesi (Vej del Bouc, Férisson, Valletta di Prals, Saint-Martin-Vésubie).
Paesaggi e rocce
Le differenti famiglie di tipi litologici danno origine, a grande e piccola scala, a vari paesaggi. Le rocce cristalline, favorite anche dalla disposizione verticale della litostratigrafia (successioni di rocce diverse e alternanti), formano in corrispondenza a grandi campi di frattura creste dentellate e versanti verticali, incisi da profonde selle, solcate da colatoi e da canaloni molto ripidi. Molti versanti in roccia hanno aspetto fratturato sino alla scala di centinaia di metri e ai loro piedi si sono raccolte grandi pietraie inclinate e coni detritici, a disegnare festoni intorno alle pareti e ai versanti più ripidi. La morfologia delle basi dei versanti è sempre dominata da questi accumuli, costruiti insieme da crolli gravitativi, flussi di valanga e ruscellamento; il loro materiale litico non è consolidato, ma misto e temporaneamente trattenuto, in attesa di un ulteriore trasporto verso valle, che avverrà probabilmente alla prossima espansione glaciale.
Le rocce sedimentarie descrivono varie strutture nei panorami denudati dalla vegetazione: monoclinali (tracce degli strati con pendenza regolare) e sistemi di pieghe e faglie, che manifestano il risultato le deformazioni orogeniche alpine nella crosta superiore geologicamente “fredda”. Le rocce della copertura sedimentaria, hanno l’aspetto di falesie stratificate, talvolta caratterizzate (come molti graniti) da guglie e da torrioni di aspetto dolomitico, alla cui base si accumulano estese falde di detrito alimentate ancora da crolli e canali di valanga o ruscellamento. Entro i campi di frattura delle rocce ricche in carbonato di calcio (i calcari e più raramente le dolomie) continua ad avvenire, presso la superficie, la dissoluzione chimica a opera delle acque meteoriche (a bassa temperatura e ricche in anidride carbonica); questo tipo di degradazione delle rocce è attivissimo nei periodi glaciali e genera morfologie dominate da vari fenomeni carsici (in superficie karren, doline), ma sta pure all’origine di reticolati di vaste e profonde cavità, notevoli quindi come serbatoi di ricche risorse acquifere (versante destro del Busset, Grotte del Bandito, Sorgente Dragonera).
Rocce, ghiaccio, acqua, atmosfera,
Nel territorio Marittime-Mercantour gli agenti climatici sono tra i fattori principali che determinano le forme del rilievo; la composizione minerale dei tipi di rocce, la loro associazione (litostratigrafia) e struttura (assetto tettonico) dei versanti svolgono ruolo passivo.
L’atmosfera esercita una lenta azione chimica di ossidazione, che origina le patine colorate sui granuli minerali delle superfici rocciose meno ringiovanite (infatti la roccia, osservata all’interno, ha un colore diverso da quello della superficie esposta).
Le acque superficiali svolgono poi su molti minerali l’efficace azione dell’idrolisi, a causa della forte attività chimica della molecola d’acqua. Ossidazione e idrolisi corrodono le superfici, penetrano nelle fratture e indeboliscono la coesione della roccia, predisponendo la demolizione dei versanti per azione gravitativa di franamento, specie lungo zone già fratturate e fagliate.
I minerali bianchi (feldspatici) del granito centrale del massiccio sono attaccati, sulle superfici esposte da più tempo, da un processo chimico iniziale di caolinizzazione (un tipo di argillificazione, processo chimico conservato nei pressi degli ultimi tornanti della via forestale per il Colle di Salèses): l’intera roccia è trasformata in una pasta modellabile a mano, con pochi granuli integri residui (arkosizzazione) e facilmente erodibile dal ruscellamento, benché mantenga l’aspetto esteriore del granito originale. Quest’azione chimica degrada la roccia, ma è l’inizio della pedogenesi, il processo che genera i suoli e avvia così la colonizzazione del mondo minerale (inorganico) da parte del mondo vegetale (organico), legando tre importanti sfere del Pianeta (litosfera, atmosfera e biosfera) e mostrando un caso del perenne e necessario collegamento tra distruzione-costruzione della materia base terrestre e delle sue forme esteriori.
L’azione del vento, normalmente efficace nell’asportare sabbia e limo su colline moreniche e coni detritici nudi, non ha effetto visibile sulle rocce protette dal manto erboso e dagli alberi. Anche l’accumulo di sabbia desertica trasportata in primavera dal vento di scirocco, ha un effetto visibile di arrossamento esclusivamente sui nevai, ma non costruisce accumuli stabili di sabbia indispersa.
Ablazioni e depositi
Un altro ruolo attivo è svolto dal lento sollevamento regionale isostatico, mantenuto attivo dalla radice crostale della catena montuosa (spessa circa 50 km), più leggera del mantello sottostante: esso agisce insieme all’effetto localizzato e sporadico di fratture crostali attive (faglie recenti superficiali) che gradinano molto lentamente la topografia ai giorni nostri.
La linea di cresta delle Alpi Marittime appare oggi orograficamente uniforme, con cime sui 2700-3000 metri che occupano un areale molto esteso e che solo nella parte centrale dello spazio transfrontaliero (Serra dell’Argentera) sfiorano i 3300 metri, grazie anche alla sostanziale omogeneità litologica del cuore del massiccio e dell’uniformità dei processi regionali di sollevamento (a scala litosferica) di età pliocenico-quaternaria (da 5 milioni d’anni fa circa a oggi).
Le morfologie vallive raccontano alcuni degli aspetti più dinamici della storia di costruzione delle forme del rilievo in termini negativi (asportazione di materiale: escavazione di depressioni) e positivi (accumulo di materiale: deposito di cordoni morenici laterali, riempimento di depressioni lacustri e soglie di fondovalle, accumuli di detriti e di prodotti erosivi di vario genere).
L’attività intensa di generazione e trasporto di detriti della catena, nelle varie fluttuazioni climatiche del passato, è resa visibile da eleganti cordoni morenici laterali, che si congiungono ai lati della confluenza di lingue glaciali di bassa quota, all’incontro di grandi valli (Serriera dei Castagni-conca di Esterate; Gesso di Entracque e di Terme di Valdieri ai piedi del Monte Ray; sentiero da Valdieri verso la fonte alle pendici del Monte la Piastra).
I ghiacciai neri
La più recente deglaciazione sta lasciando ancora traccia nella forma di ghiacciai neri, lingue glaciali residue e nascoste perché coperte di detriti, oggi ben visibili ai visitatori sotto forma di festoni, ventagli e drappeggi di grossi blocchi allineati. Queste lingue di ghiaccio fossile si trovano nascoste nei circhi alti dei due lati dello spartiacque principale; sono protette dal carico roccioso di blocchi morenici, o emersi dal loro interno per ablazione, o ricoperte dal franamento dei versanti e ora capaci di impedire la rapida eliminazione del ghiaccio rimanente. Spesso la lingua glaciale conservata in profondità si manifesta perché dai detriti sgorgano sorgenti perenni o un lago morenico frontale, o perché il ghiaccio sottostante continua a fluire imponendo forme di flusso alla copertura rocciosa in grandi blocchi (ghiacciai neri di Schiantalà, Prefouns, Portette, Colle della Lombarda, Tavels, Adus, Belletz, Tête Trancha-Valdeblore).
Le rocce cristalline, favorevolmente collocate in altitudine conservano particolarmente le morfologie negative acquisite in vari stadi dei processi geomorfici: registrano quindi i segni dei recenti cicli di glaciazione e in particolare dell’ultimo massimo di circa 20.000 anni fa, lasciando comprendere la progressiva evoluzione dei versanti. Ricche tracce del ripetuto effetto modellatore dei ghiacciai sono gli eleganti circhi e laghi glaciali, circondati da imponenti soglie levigate e striate (rocce montonate); valli con sezione modellata a “U” e con serie di terrazzi gradinati laterali, verrou glaciali di centro valle (dossi montonati); conche sottoescavate con laghi colmati divenuti torbiere in seguito all’inerbimento veloce del suolo umido (per esempio il Pian del Valasco), morene laterali, terrazzi fluvioglaciali. Più in basso, le valli molto incassate, re-incise dall’erosione fluviale e modellate da accumuli di frana sui loro fianchi, possiedono una sezione a conca imperfetta.
Nel loro insieme, le Marittime, e in particolare le valli Gesso, Gordolasca e Vésubie, specie nelle parti meno forestate, costituiscono uno dei paesaggi delle Alpi dove la comprensione dei processi geomorfici appare più chiara e maggiormente godibile in luoghi incantevoli e affascinanti.
Orografia nei due Parchi Nel Parco Naturale delle Alpi Marittime…
Sul versante italiano, il limite fra il Massiccio cristallino dell’Argentera e la zona sedimentaria, e quindi fra i due diversi tipi geomorfologici, corrisponde a una linea che dal Monte Pe Brun, in alta Valle Stura, scende a Prinardo e, passando per il Monte Autes, Vinadio e Bergemoletto, entra in Valle Gesso al Colle dell’Arpione e poi da Entracque sale al Frisson-Rocca dell’Abisso, seguendo il settore orientale del territorio del Parco delle Alpi Marittime. Il forte sollevamento recente ha portato le cime più elevate delle Marittime intorno ai 3000 metri (Cima Argentera Sud 3297 m, Cima Nord 3286 m) a soli 20-30 chilometri dal bordo dell’alta pianura piemontese di Savigliano, Saluzzo e Carmagnola, situata a 550-600 metri. L’intensa azione di aggradazione regressiva dei corsi d’acqua tardo glaciali, e il costante sollevamento crostale, hanno mantenuto le forti elevazioni della catena in vicinanza dell’estesa piana alluvionale dell’Alto Piemonte e il grande dislivello fra le montagne e la pianura cuneese. È interessante anche notare come nelle Alpi Marittime, le massime quote si trovino su uno spartiacque interno e non sulla displuviale principale. Le cime allineate lungo l’asse della catena sono, infatti, leggermente più basse del gruppo Argentera-Monte Matto: esse raggiungono le massime elevazioni nel gruppo Clapier (3045 m)-Maledia (3061 m)-Gelàs (3143 m) e, più a Occidente, con le cime del Corborant (3010 m), del Becco Alto d’Ischiator (2996 m) e del Tenibres (3031 m). Simmetrico al gruppo dell’Argentera, allineato su una cresta orientata Nord-Sud, è il lungo contrafforte che va dalla Testa del Malinvern (2939 m) al Monte Matto (Cima Centrale 3097 m). Il lato sud-est di questa cresta è il più elevato versante vallivo delle Marittime italiane, con i 1700 metri che separano la cima del Monte Matto dalle Terme di Valdieri: è infatti sede di canaloni di valanga estremamente attivi e rischiosi. Le valli longitudinali Stura e Vermenagna, sub-parallele alle strutture tettoniche, incidono la parte periferica delle Alpi Marittime, penetrando con il reticolo degli affluenti di testata nel massiccio cristallino, la cui parte centrale è solcata dal ventaglio di valli minori che convergono nei bacini di Entracque e di Valdieri a formare i vari rami della Valle Gesso.
...e nel Parco Nazionale del Mercantour
Il Parco Nazionale del Mercantour occupa una porzione di territorio a ridosso del confine tra Francia e Italia nel tratto compreso tra il Colle di Larche (o della Maddalena) e la Rocca dell’Abisso, lungo oltre 60 chilometri. In questo settore, la catena alpina è situata a poche decine di chilometri in linea d’aria dalla costa mediterranea. Il territorio del Parco Nazionale del Mercantour è suddiviso in tre unità orografiche principali: un bastione cristallino, a nord-est; un’alta catena sedimentaria, a ovest e a nord; un rilievo sedimentario di media altezza, a sud-est.
A nord-est si erge la parte meridionale del Massiccio cristallino dell’Argentera, che è al tempo stesso catena spartiacque di frontiera e nodo orografico. Essa racchiude le vette più elevate del Parco: Monte Clapier 3045 m, Cima del Gelas 3143 m, Cima dell’Agnel 2927 m, Testa di Tablasses 2855 m, Testa del Malinvern 2939 m, Monte Tenibres 3031 m. Più ad ovest, dalla Cime de Pal 2818 m alla Rocca dei Tre Vescovi 2868 m, passando per la Cime de la Bonette 2860 m, la linea di cresta non scende al di sotto dei 2700 m di quota. Essa costituisce la linea spartiacque del bacino superiore del Var, della Tinée e dell’Ubaye, le cui valli divergenti, lavorate profondamente dai ghiacciai, si aprono maestosamente verso il cielo.
La catena sedimentaria della zona centrale si organizza secondo una linea di cresta orientata NNO-SSE, profondamente incisa da un reticolo idrografico divergente. In questo insieme di cime di quota modesta (2400 metri, in media), il Monte Mounier (2817 m) figura come un gigante solitario. Il bacino superiore del Var incide essenzialmente il Grès d’Annot (arenarie di demolizione della catena). È circondato da una possente barriera di alte creste, che culminano nel Monte Pelat (3050 m).
Dall’Authion fino a Sospel, separando la Valle Roya dalla Vésubie, si estende una catena montuosa di media altezza. In prossimità delle Gorges (“gole”) di Piaon (490 m), il Parco raggiunge la sua quota minima. Le valli principali (Tinée, Var, Vésubie e Roya) sono per la maggior parte strette e creano ora delle gole, ora degli orridi, come quelli di Cians e di Dalouis, di Valabres e della Roya. Influenzate dalle caratteristiche litologiche, le spesse serie marnose delle valli del Var e del Verdon e quelle dell’Ubayette, quest’ultima impostata sul Flysch a Elmintoidi (tracce di nutrizione sul fango del fondale lasciate dall’apparato boccale di probabili gasteropodi), sono state facilmente erose ed incise dalle acque torrentizie.
Le rocce, il clima e gli esseri umani
La predominanza dei versanti del Parc du Mercantour rivolti versi i quadranti meridionali, l’orientamento verso sud delle valli principali e l’esistenza di numerosi versanti soleggiati nei valloni secondari permettono all’influsso mediterraneo di risalire in quota dando origine a una vasta gamma di microclimi. La linea di cresta che più di altre rende conto dell’effetto della contrapposizione dei versanti nord e sud, è quella che si estende tra la Cime du Diable (2685 m) e la Punta Corne de Bouc (2455 m). Essa forma un’alta barriera asimmetrica d’ostacolo alle influenze mediterranee: a nord si sviluppa una regione interna lavorata dalle glaciazioni (zona delle Meraviglie), a sud una zona di media montagna ricoperta da boschi e praterie che beneficiano dei venti caldi e umidi provenienti dal Golfo Ligure e dal Mediterraneo Occidentale (Libeccio e Scirocco).
La morfologia viva e tormentata del territorio, così distante, per esempio, dal morbido paesaggio delle Alpi Trentine, deve aver reso difficile l’accesso alle alte vallate e il loro sfruttamento da parte dei primi abitanti, anche se la presenza degli esseri umani è stata continua e intensa a partire dalla preistoria. Numerosi insediamenti situati ai piedi delle falesie (Valdieri, Andonno, Rocce Chiavardine-Aisone), su picchi rocciosi (Roubion), soglie glaciali (Lantosque) o strapiombi (Saorge) dominano le vallate. Tutti i versanti, anche quelli molto acclivi, sono stati occupati a partire dal Neolitico: a seconda dell’altitudine, dell’esposizione e della pendenza essi presentano oggi terrazzamenti di colture (fasce), boschi, incolti pascolivi o pascoli nudi.
Per approfondire: carte E e F.
Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: