Luoghi sacri, luoghi costruiti

L’arte religiosa

Lo spazio delle Alpi meridionali, frequentato e abitato in modo continuativo a partire dall’epoca immediatamente successiva alle ultime glaciazioni, ha conservato numerose testimonianze artistiche di tutti i periodi: è l’arte religiosa che ci parla attraverso i secoli.

L’architettura Le origini: pietre sacre e luoghi di culto

Nelle Alpi Marittime pochi monumenti sono stati costruiti nelle età più remote, e un numero ancora più ridotto di essi è giunto fino a noi. Il menhir di Roure e il dolmen sotto tumulo di Peira-Cava, sui quali tuttora il dibattito è aperto, sarebbero in quest’ottica i testimoni preziosi del limite orientale di diffusione del megalitismo provenzale. Queste pietre sacre, insieme alle innumerevoli iscrizioni rupestri della zona del Monte Bego, conservano il mistero delle religioni primitive che ne sono all’origine.

I Romani, poco interessati alla prospettiva di inoltrarsi negli inospitali territori alpini, hanno lasciato soltanto tracce sporadiche del loro passaggio: soltanto i luoghi di sosta e di passaggio, alla periferia dell’area montana, conservano le tracce di un insediamento umano significativo. È il caso di Pedona (oggi Borgo San Dalmazzo), Intemellium (oggi Ventimiglia) o Cemenellum (attualmente Cimiez, quartiere di Nizza).

Sono le colonizzazioni medievali, accompagnate dall’espansione della religione cristiana, a continuare l’opera di popolamento alpino, andando a accrescere il numero il numero degli abitanti già insediati nelle valli. La frequentazione secolare dei passi alpini conduce alla costruzione di edifici in prossimità dei valichi e alla realizzazione di opere, molte delle quali conservate, che rappresentano i principali periodi dell’espressione artistica.

L’architettura romanica

Le grandi abbazie che si sviluppano da una parte e dall’altra della catena alpina, dove stabiliscono le proprie dipendenze, sono all’origine di complessi di edifici notevoli per il loro numero e per la qualità dei complessi architettonici. Saint Honorat de Lérins, San Dalmazzo di Pedona o ancora Chalais diffondono i loro modelli architettonici, generalmente semplici e perfettamente adatti a svolgere ai sacri offici.

L’abbazia di Pedona (Borgo San Dalmazzo) esporta così nel Valdeblore la tipologia di chiesa a pianta basilicale (una navata centrale più due laterali) con un coro rialzato costruito al di sopra di una cripta seminterrata oggetto di pellegrinaggi, il cui accesso avviene per mezzo di due scalinate laterali. Gli scavi e le ricerche condotte nel corso di qualche decennio sui due siti hanno portato alla luce delle strutture e degli elementi risalenti all’alto Medioevo. L’abbazia madre di Chalais, ordine monastico specificamente alpino fondato sul versante occidentale del massiccio della Chartreuse, stabilisce delle succursali come Lavercq (Alpes-de-Haute-Provence), con la sua caratteristica abside piatta.

I monaci di Lérins, quanto a loro, incoraggiano la tipologia di chiesa a navata unica con abside semicircolare. Una decorazione molto particolare ad arcate e dentellature distingue questi edifici che si è soliti attribuire a maestranze itineranti di origine o formazione lombarda. Se ne trovano esempi pregevoli a Saorge, Saint-Martin d’Entraunes, Guillaumes e Puget-Théniers. Questo stesso stile, romanico-lombardo, considerato come l’esordio dell’arte romanica, lo si ritrova in numerosi campanili, fra i quali quelli di Sospel, Isola, Jausiers, Aisone e Vinadio.

L’architettura gotica

Contrariamente a quanto spesso si crede, le Alpi meridionali conservano una architettura gotica ricca e interessante, che applica il principio della volta a crociera. Gli edifici gotici delle Alpi del sud non hanno certo le dimensioni delle grandi cattedrali settentrionali: anche se sono proporzionate all’importanza delle piccole comunità alle quali sono destinate, queste chiese applicano con rara eleganza la lezione dei costruttori del nord.

Le collegiali di Tende e La Brigue, così come la chiesa parrocchiale di Saorge conservano, talvolta sotto un rifacimento barocco, le strutture gotiche originali: colonne di pietra con capitelli che sostengono le arcate gotiche. Altri monumenti, hanno mantenuto l’aspetto originario: è il caso della parrocchiale di San Pietro in Vincoli di Limone, delle chiese di Saint-Martin de La Tour sur Tinée o di Saint-Michel de Gast a Roquebillière, per esempio.

In alcuni casi, invece, si sono conservati solo alcuni elementi dell’antico edificio. Così è capitato al coro della chiesa di Saint-Étienne-de-Tinée dallo splendido disegno in stile gotico fiammeggiante o dei vari frammenti scolpiti provenienti dall’antica chiesa di Saint-Pierre di Sospel. È frequente il caso di edifici totalmente ricostruiti dopo essere stati distrutti durante una guerra o a causa di una catastrofe naturale conservino, riutilizzandoli, elementi più antichi. Una vicenda simile è ben illustrata dalla chiesa di Saint-Paul sur Ubaye o ancora dalla piccola chiesa di Maurin, il cui portale romanico porta un’iscrizione posteriore che ricorda la sua distruzione nel 1531, cui ha fatto seguito la ricostruzione.

Più rare sono le edicole gotiche aggiunte a edifici più antichi, forse al momento del loro restauro. Doveva essere il caso dei portici d’ingresso della chiesa di Saint-Véran di Utelle o della chiesa parrocchiale di San Fiorenzo di Vinadio, che aggiungono un tocco di leggerezza a chiese dall’aspetto originario piuttosto austero.

Degli splendidi campanili vengono inoltre costruiti, durante tutto il Quattrocento, in centri importanti come Saint-Étienne-de-Tinée, Barcelonnette, Saluzzo e in paesi più piccoli quali Pietraporzio o Sambuco.

L’architettura rinascimentale

Durante il Rinascimento, il viaggio attraverso le Alpi diventa una tappa obbligata per gli artisti in formazione così come per le maestranze in movimento fra un cantiere e l’altro: è così che le novità in campo architettonico risalgono le vallate alpine.

L’esempio più spettacolare di questo fenomeno è quello del portale monumentale della collegiale di Notre-Dame de l’Assomption a Tende. Scolpito e collocato nel 1562, impiega lo scisto verde delle cave locali e fa riferimento a un vocabolario ornamentale che da un lato si richiama al passato (colonne con leoni stilofori), dall’altro apre a motivi nuovi (candelabri) e a elementi creativi (apostoli disposti in ginocchio sull’architrave). Un altro portale, di dimensioni minori, è tuttavia ugualmente rappresentativo della corrente di pensiero e di creazione artistica che caratterizza il Rinascimento: è il portale ri-impiegato sulla facciata laterale della chiesa parrocchiale di Colmars-les-Alpes. Firmato dallo scultore e architetto fiammingo Mathieu d’Anvers, porta la data del 1530 e è decorato da temi di un classicismo puro.

L’architettura barocca

È l’architettura barocca probabilmente a caratterizzare meglio e maggiormente l’arte sacra dello spazio transfrontaliero. La ricostituzione degli stati di Savoia da parte del duca Emanuele Filiberto a partire dal Trattato di Cateau-Cambresis (1559) e la loro riorganizzazione difensiva, amministrativa e politica, si accompagnano a una volontà di controllare le popolazioni locali toccate dagli insegnamenti della riforma luterana. In seguito al Consiglio di Trento (1545-1563), la Controriforma cattolica impone dei nuovi canoni per la realizzazione, la decorazione e la funzione degli edifici di culto. A partire dai primi anni del Seicento, architetti e artisti vengono convocati per animare quei cantieri che daranno nuova veste alla spiritualità di tante comunità umane.

L’estetica architettonica barocca privilegia i volumi unici, spaziosi, luminosi, semplici in pianta come in sezione, adatti a ospitare ricche decorazioni, dove stucchi policromie e dorature occupano un posto essenziale. La chiesa di Borgo San Dalmazzo illustra bene questa tipologia costruttiva, con la sua navata unica in cui si aprono cappelle appena rientranti. Si ritrova lo stesso modello a Jausiers, dove dei gessi sapienti ricoprono una cornice architetturale particolarmente semplice. A Sospel, l’antica cattedrale di Saint-Michel adotta un piano basilicale dove pilastri luminosi separano la navata dai lati della chiesa, le cui pareti ospitano una serie di altari dedicati. Dopo una sorta di transetto rialzato, il coro è concepito come un teatro in cui sono ricavate logge da cui le immagini dei santi sembrano prendere parte alle funzioni religiose.

Le arti plastiche: pittura e scultura

Gessi, affreschi, dipinti e pale d’altare dipinte o scolpite, arredi in legno lucidato, verniciato, policromo o dorato costituiscono l’abbondante complemento ornamentale degli edifici religiosi. A seconda dei periodi e dei luoghi viene privilegiato un tipo o l’altro di realizzazione, che testimonia sempre della preoccupazione reale di abbellire le chiese e le cappelle badando a diffondere il messaggio e l’insegnamento della religione cristiana.

Affreschi e dipinti

Per quanto riguarda la pittura, nelle Alpi troviamo due tecniche: quella, abbastanza rara, dell’affresco, dove l’artista applica i suoi pigmenti colorati su di uno strato fresco e quella, più frequente, dove i colori sono stesi a tempera su fondo secco. Nel primo caso, va citata la cappella di Notre-Dame des Fontaines a la Brigue, dove Giovanni Canavesio e Giovanni Baleison hanno rappresentato, su più di 220 metri quadrati, l’infanzia e la Passione di Gesù, opera terminata nel 1492.

Meno spettacolari per il loro sviluppo, ma più significative forse per la loro frequenza, sono le numerose cappelle dedicate a un santo protettore della comunità. Per la maggior parte queste opere sono state realizzate fra il Quattrocento e il Cinquecento e un buon numero dei loro autori ci sono noti sia attraverso i documenti che ne attestano la commissione o il pagamento, sia attraverso le firme che hanno talvolta lasciato sui loro lavori. Possiamo così risalire a artisti piemontesi, nizzardi e liguri, fatto che testimonia la ricchezza degli scambi attraverso queste montagne, dove si perpetuano sui due versanti credenze, forme di devozione e pratiche rituali comuni.

Anche se può a prima vista sembrare paradossale, in realtà gli ordini religiosi partecipano al permanere di un certo numero di devozioni preesistenti al cristianesimo. Elementi pagani sopravvivono infatti nelle regole di alcuni ordini: porsi in continuità con gli antichi culti permetteva ai religiosi di portare avanti più agevolmente la loro opera di evangelizzazione, rendendo la Buona Novella più familiare alle genti di montagna. Diversi fenomeni religiosi perfettamente pagani sono stati così conservati attraverso il filtro di una lettura cristianizzata che alcuni uomini di fede accorti e concilianti hanno saputo proporre. Per esempio è possibile ritrovare senza grandi difficoltà i vecchi culti solari sotto le sembianze dei simboli rotondi circondati da raggi (cardi o altri) apposti all’entrata dei fienili e delle scuderie. La stessa fusione di simboli sacri e profani si ritrova nell’approccio francescano al rapporto fra l’individuo e l’universo, fondato sulla relazione diretta tra tutte le parti della Creazione: il Cristogramma IHS (Iesus Hominum Salvator = Gesù Salvatore di tutti gli uomini), cui Bernardino da Siena ha dato grande diffusione, veniva inciso sulle architravi racchiuso all’interno di un disco solare. Nella stessa ottica di “cristianizzazione” di culti solari preesistenti si può leggere la moltiplicazione, priva di utilità reale, delle meridiane dipinte sulle facciate delle case, che vanno interpretate come simboli apotropaici, anche se dissimulati dietro a sentenze moraleggianti.

Con il trionfo dell’estetica barocca, l’arte della pittura murale raggiunge la sua massima fioritura. Le pareti e le volte delle chiese accolgono grandi composizioni che esaltano la fede cristiana e i suoi campioni. I soffitti a cielo aperto si moltiplicano, le strutture architettoniche dipinte secondo la tecnica del trompe-l’œil possono vantare delle cupole disegnate con maestria, materiali di basso valore nobilitati dalle dorature ricoprono tutte le supercifici. Le maestranze itineranti, spesso venute dal versante piemontese, percorrono le valli e le montagne, non di rado preceduti dalle raccomandazioni della rete del clero e delle confraternite dei fedeli.

Pale d’altare dipinte e scolpite

La tecnica tradizionale della pala d’altare dipinta su pannelli di legno assemblati è stata a lungo la più utilizzata nelle valli del nizzardo. Addirittura si può parlare di una vera e propria scuola di Nizza, che può contare su antesignani come Jean Mirailhet e Jacques Durandy, su maestri affermati come Ludovic Bréa, dei continuatori come Guillaume Planetta o François Bréa, cui si aggiungono altri artisti venuti da fuori, come Antoine Ronzen.

Sono conservate un gran numero di opere firmate da questi artisti, che testimoniano quanto fossero apprezzati nelle valli e ne illustrano il talento. Si incontrano così fra il 1475 e il 1525 circa, delle pale di altare concepite come pannelli unici, assemblaggio curato di tavole ben fissate, e di pale d’altare a compartimenti, i cui giunti di assemblaggio sono coperti da finiture di legno lavorate con perizia e dorate. Dalla prestigiosa collegiale di La Brigue alla modesta chiesa del piccolo comune di Lieuche (Valle del Var), dalla cappella dei penitenti bianchi di Sospel alla parrocchiale di Saint-Dalmas le Selvage, molti edifici custodiscono opere che testimoniano la persistenza di una tradizione e di un gusto consolidati.

Tutte le formule compositive possono combinarsi e arricchirsi vicendevolmente, andando a comporre un panorama artistico molto denso, dove praticamente ogni opera apporta una soluzione originale.

Un approccio abbastanza differente è proposto dalle pale d’altare scolpite, che giustappongono spesso i diversi episodi di uno stesso racconto, sforzandosi di individuare una gerarchia. Due esempi famosi sono conservati a Puget-Théniers e a Utelle.

Anche il periodo barocco ha prodotto delle pale d’altare scolpite, in molti casi policrome, come a Saint-Martin-Vésubie la pala del Rosario, risalente al 1697, che si può accostare a quella conservata a Entracque, sua contemporanea. Più originale è senz’altro la pala d’altare scolpita della cappella dei penitenti bianchi di Utelle. Anonima e senza data, si ispira alla deposizione dalla croce dipinta nel 1614 da Pierre-Paul Rubens per la cattedrale di Anvers. Che si tratti di un dipinto su tela o di una scultura, l’artista riproduce sempre l’immagine rovesciata del quadro originale a cui si ispira, così come veniva diffusa dalla stampa!

Il gusto barocco completa i panelli dipinti con cornici in legno, gesso o stucco che le li racchiudono e li valorizzano. Ogni altare diventa così un insieme completo, con la pala e la sua “tomba”, dal nome dell’antica collocazione del reliquiario, sopra i quali troneggia l’immagine oggetto di devozione, circondata da un ricco decoro in rilievo, spesso dipinto e dorato. A seconda delle risorse di ciascuna comunità, gli ornamenti hanno potuto essere realizzati in una sola volta (Utelle), con più cantieri (Demonte) o lasciati all’iniziativa dei più abbienti, che facevano delle chiese la loro tomba di famiglia (La Brigue)

Culti, riti e cerimonie

Più che nelle pianure e nelle città, le festività religiose in montagna rappresentano una doppia manifestazione collettiva, in cui si celebrano nello stesso tempo la comunità e la sua riappropriazione del territorio.

Non dobbiamo immaginarci la comunità di villaggio come un gruppo chiuso su se stesso, ma piuttosto come uno degli anelli di una catena che stabilisce relazioni fra le valli e i differenti versanti della catena montuosa. Diventa così essenziale che ogni paese di doti di una identità dai contorni precisi, che la definisca rispetto alle comunità vicine. La dimensione religiosa di questa caratterizzazione è antichissima, fissata una volta per tutte e, di principio, incontestabile. La scelta della figura divina eletta a protettrice al momento della fondazione (mitica) di una comunità viene riaffermata ogni anno durante le feste patronali ed è proprio il patrono uno dei caratteri che definiscono l’identità di un paese. I resti del patrono incarnano e rafforzano il legame elettivo fra il divino e la comunità: le reliquie o le opere d’arte sono la trascrizione fisica di questo legame. Si capisce allora come la manutenzione e l’arricchimento del santuario collettivo siano un compito importante, di cui si fanno carico tutti i membri della comunità. Ugualmente, l’organizzazione dei rituali festivi secondo un calendario rispettato scrupolosamente conferma l’autonomia di ogni comunità all’interno di un insieme più ampio, generalmente esteso alla vallata.

L’organizzazione e la strutturazione del gruppo sociale riflettono il ruolo che ciascuno riveste all’interno della comunità di appartenenza nonché le rispettive responsabilità legate alla sua stabilità. Se i nuclei famigliari sono chiaramente identificabili grazie a una conoscenza impeccabile e approfondita delle parentele e delle alleanze, la coesione della comunità è garantita inoltre da associazioni trasversali alle famiglie, come per esempio le corporazioni e le confraternite. Le une e le altre hanno una vocazione più o meno specifica nel campo dei mestieri, della cura delle anime o del mutuo soccorso in caso di difficoltà di uno dei corporati o dei confratelli. Esse svolgono di fatto un azione di controllo sociale, assegnando a ogni individuo un posto preciso all’interno del gruppo e accompagnandolo attraverso le differenti tappe dell’esistenza, dalla culla alla tomba. La persistenza delle confraternite dei penitenti all’interno di molti comuni delle Alpi meridionali traduce l’insolita vitalità di questo voler vivere insieme, che diventa molto meno stupefacente se si tiene conto del fatto che in montagna far parte di una comunità era una necessità legata alla sopravvivenza.

Ogni gruppo umano dimostra agli altri la sua esistenza e il suo diritto a insediarsi attraverso il possesso che rivendica su un determinato territorio. Ed ecco che anche nell’atto di marcare il territorio ritorna il ricorso alle manifestazioni religiose. I segni di addomesticamento di una terra possono essere monumenti permanenti, come gli oratori, le croci poste all’incontro di più vie di comunicazione (“crocevia”), le cappelle votive poste ai margini del territorio, come a evidenziarne i confini.

Ma una comunità si appropria del suo territorio anche attraverso manifestazioni collettive come le processioni votive o le Rogazioni, che hanno luogo generalmente alla fine dell’inverno per allontanare gli spiriti maligni che potrebbero aver approfittato della cattiva stagione per prendere possesso delle terre disertate dalle persone. La meta delle processioni, che non deve essere per forza molto distante dall’abitato, è spesso considerata il luogo originario di insediamento della comunità, che riunendosi periodicamente in quel punto rivendica il possesso legittimo del suo territorio. La cappella di Notre-Dame du Buyei, a Guillaumes, è un perfetto esempio di questa pratica: questo santuario rurale, accoglie il 15 di agosto una festa di carattere tipicamente civile e conserva il grande ex voto della comunità. Studi e ricerche archeologiche hanno cercato di dimostrare la verità storica della tradizione, che colloca in questo luogo il nucleo originario del villaggio. Queste processioni territoriali spesso dispiegano anche mezzi notevoli. Per esempio a La Brigue è conservato un piccolo organo da processione, che risale all’inizio del Seicento. Lo strumento, di dimensioni ridottissime, era collocato su di un carro dove saliva l’organista e il suo tira mantice per sostenere i canti della popolazione in marcia. Questo esempio sottolinea e dimostra il profondo attaccamento delle popolazioni musicali all’accompagnamento musicale delle loro cerimonie.

Un altro tipo di spostamento sul territorio è costituito dai pellegrinaggi fra le varie valli, alcuni dei quali continuano anche ai nostri giorni, come quelli famosi al Santuario di Sant’Anna di Vinadio o a Madonna di Finestra. Si tratta della permanenza di pratiche antichissime, che permettevano ogni estate l’incontro e gli scambi fra le comunità dei due versanti, separate dalla neve durante l’inverno. Gli abitanti dell’alta Val Tinée potevano così incontrare i vicini della Valle Stura, e la Vésubie riabbracciare la Valle Gesso. Alleanze matrimoniali, accordi commerciali e altre forme di scambio avevano luogo durante un incontro in quota che il cristianesimo si sforza di rivestire di un significato religioso, per sacralizzare un’abitudine ben più antica del cristianesimo stesso. Dai pellegrinaggi annuali usciva rinnovata la solidarietà fra popolazioni separate da colli a quote elevate e difficili da percorrere, addirittura pericolosi, che la marcia periodica dei fedeli rendeva più praticabili e “domestici”.

Povertà di mezzi, ricchezza artistica

Il panorama di insieme delle opere d’arte religiose conservate nelle Alpi del sud mette in evidenza un caratteristico paradosso culturale: terre dalle risorse scarse abitate da comunità umane poco numerose vantano importanti ricchezze artistiche. Ma il paradosso è solo apparente: gli studi antropologici hanno dimostrato che la leggendaria povertà alpina, salvo naturalmente qualche eccezione isolata, non era uno stato di miseria permanente. I guadagni ricavati dall’emigrazione stagionale, insieme agli introiti ricavati dall’ospitalità dei viandanti, contribuiscono a mantenere economicamente le comunità e a permettere loro ingenti spese collettive. Le scelte politiche degli stati moderni, tese a marginalizzare la montagna, hanno contribuito inoltre a orientare le decisioni dei fedeli in favore della Chiesa cattolica, percepita come una forza di unione delle popolazioni.

Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: