Specie faunistiche vulnerabili e rare

Le direttive “Uccelli” e Habitat”

Il mosaico di habitat del Mercantour e delle Alpi Marittime è all’origine di una impressionante diversità di specie animali, tipiche sia della fauna alpina sia di quella mediterranea. Se le specie simbolo dei Parchi contribuiscono certamente alla ricchezza biologica, questa è dovuta soprattutto a decine di specie di piccola taglia, elusive e poco appariscenti, che spesso passano inosservate. Queste specie, ancora poco conosciute e in molti casi endemiche, sono oggetto di importanti programmi di ricerca da parte delle due aree protette, come per esempio il progetto ATBI.

La conservazione in Europa

All’interno dello spazio transfrontaliero, possiamo trovare specie vulnerabili e rare che appartengono a tutti gli ordini di animali: mammiferi, uccelli, anfibi, pesci, rettili e insetti. La maggior parte di esse non sono certo specie-simbolo come il lupo o i grandi rapaci: anzi, talvolta si tratta di animali poco conosciuti e ancora da identificare, come nel caso si alcuni insetti. Il valore ecologico di questi organismi viventi si valuta su scala mondiale, ragione per cui l’Unione Europea ha indirizzato le politiche di conservazione della natura su queste entità faunistiche preziose e fragili, minacciate soprattutto dalla distruzione degli habitat naturali.

Nel 1979, l’Unione Europea ha emanato la Direttiva “Uccelli” che impegna gli stati membri a proteggere circa cento specie che meritano una tutela particolare. Nel 1992, attraverso la Direttiva “Habitat”, sono state aggiunte altre 82 specie animali a questo ambizioso progetto di salvaguardia. Le specie selezionate si caratterizzano per la loro vulnerabilità (specie in pericolo o minacciate di estinzione) e per la loro rarità (areale di presenza ristretto, incluse le specie endemiche). Per definire lo stato di salute di questo patrimonio, è stato deciso di far riferimento al concetto di “stato di conservazione”, un indicatore basato su tre criteri:

La fauna e la sua conservazione nei due Parchi

Il territorio Alpi Marittime Mercantour ospita animali particolarmente preziosi per la conservazione della natura. Non si tratta solo delle “specie simbolo”, quali i grandi rapaci o il lupo, ma anche di quelle non sempre ben conosciute o identificate, come per esempio gli insetti. Queste specie sono il risultato di una lunga evoluzione che ha permesso loro di acquisire adattamenti fisiologici e comportamentali, in rapporto alle condizioni climatiche, ecologiche e alimentari, necessari per assicurarsi la sopravvivenza in montagna. Spesso si tratta di specie elusive e difficili da osservare.

La presenza di specie europee ad alto valore conservazionistico nello spazio transfrontaliero è stata confermata nell’ambito della definizione della rete Natura 2000. Il territorio dei due Parchi e delle loro zone periferiche è riconosciuto come strategico per la salvaguardia di alcune specie, perché ospita, per esempio, ampie aree di distribuzione dei Galliformi (Tetraonidi e Fasianidi), territori riproduttivi e di caccia dei pipistrelli, aree forestali vitali per uccelli quali picchi e Strigiformi, torrenti adatti alla sopravvivenza dello scazzone (Cottus Gobio).

Le zone periferiche dei due Parchi hanno grande importanza per molti animali. Vi si trovano infatti i siti di riproduzione di numerose specie di pipistrelli, le principali popolazioni di passeriformi degli spazi aperti e di insetti dell’ambiente mediterraneo e alpino.

Un fenomeno ormai conosciuto, che ha avuto negli ultimi decenni una forte influenza su alcune specie alpine, è il cambiamento nell’utilizzo della montagna da parte dell’uomo (abbandono delle attività di sfalcio dei prati e della manutenzione sistematica degli alpeggi, cambiamento degli usi pastorali), che ha avuto come conseguenza una diminuzione degli habitat aperti o semi-aperti (siepi, bordure, piccoli boschetti, praterie), adatti a molte specie oggi in declino. D’altro canto, se un habitat si riduce se ne crea un altro: la progressiva diminuzione degli interventi selvicolturali nel territorio transfrontaliero ha permesso all’ambiente boschivo di ritrovare una dinamica naturale che genera un gran numero di nicchie ecologiche (per esempio cavità, anfratti, tronchi e foglie in decomposizione)  che sono favorevoli a molti uccelli, ai chirotteri e agli insetti saproxilici (che si nutrono di legno morto o marcescente).

I pipistrelli, padroni della notte

Nel territorio dei due Parchi sono catalogate 29 specie di pipistrelli o Chirotteri (dal greco keir, “mano” e pteron, “ala”: “dalle mani trasformate in ali”) delle 40 conosciute in Europa. Questa alta diversità è legata alla varietà di habitat presenti, dall’ambiente alpino a quello mediterraneo. Cinque delle specie che vivono nelle due aree protette sono considerate come vulnerabili. Gli studi condotti su questi pipistrelli, a partire dal 1986, hanno permesso di testare l’importanza dei Parchi in qualità di zone di caccia, territori di riproduzione e di svernamento.

Nello spazio transfrontaliero sono presenti ben nove specie che rientrano nell’Allegato II della Direttiva Habitat. A livello regionale, un’attenzione particolare viene riservata ai Rinolofi, che contano tre specie: il più conosciuto è forse il rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros). Si raggruppa in colonie di riproduzione da 10 a 100 individui circa, all’interno di edifici ai quali è molto fedele (baite, mulini, cappelle). Lo si può trovare nelle valli del Var, della Tinée, dell’Ubaye, e in Valle Gesso, intorno a Valdieri. Il rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), è molto legato alle radure circondate da siepi e boschi ed è stato segnalato soltanto in Valle Roya, dove i siti di riproduzione non superano i 500 metri di quota. Talvolta lo si può trovare associato al rinolofo euriale (Rhinolophus euryale), una specie molto rara nello spazio transfrontaliero, e al vespertilio smarginato (Myotis emarginatus), anch’esso incluso nell’Allegato II. Le costruzioni che ospitano le colonie di rinolofo meritano un’attenzione particolare, sia che si trovino in fase di ristrutturazione sia che rimangano allo stato di rudere, perché per proteggere la specie occorre fare in modo che mantengano la loro funzione di rifugio.

Tre specie di vespertilio si spartiscono gli habitat di bassa e media quota. Il vespertilio maggiore (Myotis myiotis), la cui apertura alare può superare i 40 cm è segnalato in Valle Roya, in Val Vermenagna e in Valle Gesso. Il vespertilio di Blyth (Myotis blythii oxygnathus) preferisce invece i prati polifiti con erbe alte, i prati, i margini dei boschi e le praterie umide. le petit murin myotis

La specie è stata individuata in Valle Roya, ma potrebbe essere presente anche nella zona di Palanfré, come il vespertilio maggiore, catturato in Val Vermenagna e in Valle Gesso. Il già citato vespertilio smarginato frequenta anche lui le zone limitrofe alle aree protette per cacciare gli insetti.

Tutti questi mammiferi hanno bisogno per sopravvivere delle fasce di ecotono, zone di transizione tra ambienti boscati e ambienti aperti, rappresentati dalle piccole formazioni forestali alternate ai prati da sfalcio e alle praterie, elementi indispensabili affinché le loro popolazioni continuino a frequentare i due territori protetti. Per questo la scomparsa delle attività di sfalcio dei prati e di coltivazione contribuisce alla diminuzione della loro presenza.

Anche se non esclusivi, i boschi maturi o invecchiati sono invece gli habitat di caccia preferiti di altre due specie minacciate: il barbastello (Barbastella barbastellus) e il vespertilio di Bechstein (Myotis bechsteini). Nel Mercantour e nelle Alpi Marittime il barbastello sembra essere legato ai lariceti, che costituiscono un territorio di caccia eccezionale per le popolazioni di insetti a esse associate. In questi boschi, inoltre, i tronchi scavati e fessurati dei grossi larici costituiscono rifugi molto apprezzati dalla specie. Ciò spiega la presenza del barbastello nelle grandi foreste della Valle Roya e del Vallone di Mollières nel Mercantour.

La presenza del barbastello e del vespertilio di Bechstein è indice di un ambiente forestale che ha conservato un elevato grado di naturalità (specie numerose, struttura verticale variata, presenza di alberi senescenti, eccetera), che occorre mantenere se si vuole proteggere queste specie. Ancora poco conosciute a livello dei siti riproduttivi, sono invece noti alcuni dei siti invernali sui due versanti delle Alpi Marittime. Nel Parco delle Alpi Marittime, in particolare, il barbastello è stato osservato in attività di caccia nella bassa Valle Gesso, nella Valle delle Rovine e sul colle di Tenda. Siti di svernamento sono noti per la media Valle Vermenagna e la bassa Valle Gesso

Una delle minacce che sempre più stanno insidiando i chirotteri deriva dal disturbo umano nei siti di riproduzione, estivazione o svernamento, in particolare quelli relativi alle grotte naturali o a edifici vecchi, quali chiese, fortini militari, etc. La presenza umana, spesso chiassosa e troppo curiosa, può portare al disturbo delle fasi riproduttive, con l’abbandono dei giovani non ancora volanti, oppure al risveglio prematuro durante la fase di letargo invernale, evento che comporta per gli animali un dispendio notevole di energia e un rischio altissimo di esaurimento prima del tempo delle risorse immagazzinate, a cui segue la morte degli animali.

In conclusione, la conservazione dei paesaggi agropastorali tradizionali, di aree boscate a elevata naturalità, di cavità natruali e di vecchie costruzioni atte allo svernamento è la sola garanzia per una reale protezione dei pipistrelli nello spazio Marittime Mercantour: all’interno dell’area d’adesione del parco del Mercantour quattro siti Natura 2000 (“Les Entraunes”, “Castellet lès Sausses-Gorges de Daluis”, “Breil sur Roya” et “St Etienne de Tinée”) hanno questo obiettivo; nel Parco delle Alpi Marittime la Riserva naturale delle Grotte del Bandito, istituita di recente, ha fra i suoi obiettivi proprio quello di preservare un importante sito di svernamento. Inoltre, un continuo sforzo di ricerca è indispensabile per meglio valutare lo stato delle popolazioni di queste cinque specie di pipistrello.

I Galliformi: le modifiche degli habitat, i cambiamenti del clima

È necessario conoscere per proteggere. Le specie di Galliformi che vivono nei due Parchi sono tutte considerate come minacciate a scala europea: fagiano di monte (Tetrao tetrix), coturnice (Alectoris graeca), pernice bianca (Lagopus mutus), perdrix rochassière Alectoris x labatiei e francolino di monte (Bonasa bonasia), questi ultimi presenti nel solo Parco del Mercantour. In particolare, le prime quattro specie citate sono specie oggetto di una regressione geografica e demografica estesa a scala alpina. Le attività umane come la pastorizia, la gestione forestale o la frequentazione turistica, che un tempo hanno favorito la presenza di alcune di queste specie, possono avere oggi degli impatti negativi sulle popolazioni.

I censimenti regolari dei galliformi alpini effettuati sul versante francese sono raccolti e analizzati dall’Observatoire des Galliformes de Montagne che gestisce una banca dati a livello nazionale.

Il fagiano di monte è distribuito nel piano montano sui due versanti alpini e lo si può incontrare, nella stagione dei combattimenti e durante l’allevamento dei pulcini, nella zona degli arbusteti compresa fra i boschi e le praterie d’alta quota. Per approfondire le conoscenze su come il gallo forcello (altro nome del fagiano di monte) seleziona il suo habitat sono state attivate in Francia alcune ricerche, condotte in collaborazione con l’Osservatorio dei Galliformi di Montagna, nel corso delle quali alcuni individui sono stati seguiti con la tecnica della telemetria. Grazie a questi studi è stato possibile stimare che un gallo forcello maschio ha bisogno in media 236 ettari di terreno, mentre una femmina si muove in un’area di 130 ettari. I territori dei vari individui si possono sovrapporre. Gli habitat più fequentati sono i lariceti molto radi con un ricambio della vegetazione e gli arbusteti chiusi, i lariceti radi con arbusteti semi aperti o con prati densi. Le ricerche telemetriche hanno inoltre permesso di dimostrare la tendenza dei giovani a emigrare fuori dei confini dei Parchi e ad essere, conseguentemente, oggetto di prelievo venatorio. Tuttavia oggi i maggiori pericoli a livello locale provengono dall’espansione dei grandi comprensori sciistici, che combaciano per l’80% con l’areale del fagiano di monte; ciò aumenta il fenomeno della sottrazione di habitat e i relativi rischi di impatto contro i cavi. La protezione realizzata dalle aree protette può rappresentare una buona garanzia per la conservazione di questo uccello, sebbene le superfici dei parchi siano molto ridotte rispetto all’areale della specie.

La coturnice occupa le praterie rocciose dei versanti ben soleggiati, su praterie con arbusti e su ghiaiono. Le densità nei due Parchi paiono essere localmente buone, sebbene questa specie abbia subito nel corso degli ultimi 40 anni una forte diminuzione. In effetti le popolazioni tendono a diminuire, principalmente a causa della progressiva trasformazione dei loro habitat estivi  e invernali. Le zone frequentate dalla coturnice, siti dove la neve si scioglie rapidamente in primavera (praterie a forte inclinazione, ghiaioni, terrazzamenti un tempo coltivati) sono minacciati da un lato dall’avanzata della vegetazione arbustiva e degli alberi, dall’altro dal carico eccessivo di animali in alpeggio.

La pernice bianca è forse il Tetraonide maggiormente interessato dai cambiamenti climatici, dal momento che occupa un areale ristretto alle zone sommitali dei massicci montuosi: l’innalzamento della temperatura tende a far traslare in quota habitat arbustivi e forestali, con la conseguente riduzione dei vaccinieti (distese di mirtillo, Vaccinium myrtillus) e saliceti di quota, che non possono ovviamente innalzarsi al di sopra delle vette. Anche l’assenza di neve incide negativamente sulle possibilità di sopravvivenza, perché non consente alla specie di proteggersi dal freddo infossandosi nel manto nevoso, così come le estati sempre più calde e secche non permettono a questo Tetraonide di trovare sollievo dalla calura, alla quale non è adattata, rifugiandosi nei versanti più freschi.

Per quanto riguarda la protezione delle popolazioni di Galliformi, occorre lavorare sulle pratiche di gestione pastorale, in particolare quelle regolate sul versante francese dalle Misure Agroambientali Territoriali (MAE-T). I piani di gestione e le buone pratiche che essi prevedono non vengono sempre rispettati e questo comporta conseguenze anche pesanti sulla qualità degli habitat di riproduzione: vengono a mancare i rifugi dai predatori e diminuiscono le risorse alimentari disponibili. Uno degli obiettivi, in particolare riguardo al gallo forcello, specie che frequenta gli arbusteti in quota, è quello di puntare alla riqualificazione degli habitat, per favorire il successo riproduttivo delle popolazioni. Un approccio integrato agro-silvo-venatorio e transfrontaliero è stato avviato e sottoposto al vaglio della Comunità Europea. Quest’ultimo deve andare, da un lato nella direzione dell’armonizzazione delle analisi pastorali e forestali e dall’altra parte nella direzione di un’armonizzazione ecologica dei siti.

Nonostante l’esperienza maturata in oltre trent’anni dai due Parchi, il percorso per far convivere all’interno delle aree protette le attività umane come la caccia, la pastorizia, gli sport all’aria aperta e le infrastrutture a essi legate con la ricca biodiversità naturale è ancora lungo. Si tratta di assumere questo obiettivo come una “sfida collettiva” per il prossimo decennio.   

Gli uccelli del bosco: picchi e civette

Tre specie di uccelli di bosco dell’area Alpi Marittime–Mercantour sono considerate di importanza europea (Direttiva “Uccelli”): il picchio nero (Dryocopus martius) e le civette nana (Glaucidium passerinum) e capogrosso (Aegolius funereus). La loro vulnerabilità è legata alle loro esigenze, poiché necessitano di grandi aree boscate (il picchio nero ha un territorio di circa 2 chilometri quadrati), nelle quali è alta la presenza di alberi di grande taglia e deperienti (morti e marcescenti), adatti sia a trovare cibo (insetti xilofagi oppure roditori e piccoli passeriformi) sia per costruire il nido. La loro rarefazione sulle Alpi ha avuto i suoi massimi alla fine del XIX secolo, a causa della deforestazione massiccia, così come il loro ritorno in molte aree ha seguito l’abbandono delle montagne e delle pratiche intensive di sfruttamento del bosco. In ogni caso, la loro sopravvivenza è legata al mantenimento di boschi costituiti da alberi di grande taglia.

Queste specie sono strettamente legate tra loro. Infatti il picchio, scavando i nidi nei tronchi dei grandi alberi, come abeti bianchi e rossi e anche nel pioppo tremulo, dal legno più tenero, mette a disposizione di altre specie queste cavità, che una volta abbandonate, vengono occupate dalle civette, in particolare dalla capogrosso.

Nel Mercantour, il picchio occupa principalmente le foreste di abete bianco e peccio, come quelle di Mollieres (Val Tinèe) o del Vallone del Cairos (Valle Roya). Sul versante italiano, la specie ha avuto negli ultimi 25 anni un’espansione notevole e, seppur privilegiando le abetine-peccete mature, sta colonizzando anche le faggete. Con il picchio, sembra espandersi anche la civetta capogrosso. La civetta nana predilige i versanti freddi delle abetaie, la sua presenza è piuttosto localizzata in alcune abetine di peccio e di abete bianco nel Parco nazionale del Mercantour e in Valle Stura. L’esistenza nello spazio transfrontaliero di queste due specie di Strigiformi, molto elusive e individuabili solamente al canto, è quindi confermata, ma mancano degli studi approfonditi sulla loro densità e sul comportamento di selezione dell’habitat, sebbene recenti ricerche stiano evidenziando una distribuzione più ampia di quanto ipotizzato finora. Il mantenimento delle aree boscate a faggio, abete bianco e rosso è quindi fondamentale nelle Alpi Marittime e al momento non è messo in discussione; tuttavia la principale minaccia per questi uccelli è la scomparsa di alberi che possano offrire luoghi di nidificazione, dovuta ad un cambiamento nella gestione del bosco, ipotizzabile nel prossimo futuro a causa dello sviluppo delle biomasse legnose utilizzate per la produzione di energia. In particolare lo sfruttamento dei boschi a ceduo, con turnazione frequente, tende a diminuire le possibilità di colonizzazione da parte delle tre specie. Il mantenimento degli alberi senescenti o morti nei boschi è dunque una misura indispensabile per la protezione di queste tre specie, perché gli alberi morti ancora in posizione verticale costituiscono potenzialmente importanti siti di nidificazione, che inoltre forniscono ricovero e nutrimento a quegli insetti saproxilici (che si nutrono del legno marcescente) alla base della dieta del picchio nero. Se si vuole evitare la regressione e la scomparsa di queste tre specie poco diffuse, il governo del bosco deve oggi attenersi alle nuove direttive ispirate a una gestione forestale ragionata, imperniata sul mantenimento in loco di piante morte e di piante ad alto fusto.

I passeriformi degli spazi aperti

Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), ortolano (Emberiza ortulana), calandro (Anthus campestris), averla piccola (Lanius collurio) sono passeriformi il cui habitat è costituito da spazi aperti, siepi, praterie, campi e prati. Queste quattro specie nidificano nel territorio Marittime–Mercantour e sono inseriti negli allegati della Direttiva “Uccelli”.

Il gracchio corallino è un corvide che necessita, per sopravvivere, di due elementi essenziali: le falesie ben esposte dotate di cavità per nidificare e le praterie montane per l’alimentazione, in particolare quelle legate a suoli profondi ed evoluti, originati da rocce più friabili come i calcari, le arenarie, i flysch. Dal momento che questo uccello insettivoro sonda il terreno alla ricerca di larve e altri artropodi, la sua presenza è molto diffusa  nel Mercantour, dove il dominio sedimentario è molto esteso, mentre è localizzato nel Parco naturale delle Alpi Marittime, dove è frequente solo nei settori nel Vallone degli Albergh e del Sabbione.

L’ortolano è una specie di ambienti steppici che ama i terreni aperti, secchi e soleggiati con vegetazione bassa e rada. Nell’ambiente alpino dei due Parchi nidifica fino a 2100 metri circa, privilegiando i prati ben esposti con alberi e arbusti sparsi. Lo si può anche osservare intorno ai villaggi (Barels, Vignols, Bousièyas, Palanfré), poiché non disdegna i terrazzi coltivati, i costoni rocciosi e i vitigni. Sul settore italiano è nidificante con distribuzione localizzata in alcuni valloni. Ovunque in Europa le popolazioni dell’ortolano sono in declino e in particolare quella alpina. Ciò è dovuto all’abbandono delle pratiche agricole tradizionali, che hanno creato nei secoli degli ambienti aperti artificiali, a bassa quota, nei quali la presenza di alberi e arbusti è limitata.

Il calandro ha esigenze ecologiche simili a quelle dell’ortolano, sebbene lo si incontri nelle zone più secche e in particolare sulle praterie rase. Nemmeno specie, tuttavia, supera i 2100 metri d’altitudine per nidificare: è probabilmente sensibile alle importanti variazioni termiche del piano alpino. È presente estesamente in Val Tinée e nell’Haut Var mentre è localizzato nei pressi del Colle di Tenda.

L’averla piccola è un tipico uccello delle siepi e degli arbusti spinosi, cioè della fascia ecotonale presente ai bordi delle radure planiziali  (boschi mesofili d’alto fusto) e delle praterie montane. È particolarmente legata agli ambienti antropizzati come i prati da sfalcio e le bordure di rovi, biancospino, prugnolo, anch’essi habitat artificiali in via di trasformazione a causa dell’abbandono delle montagne e delle pratiche agricole tradizionali… La troviamo pertanto sui settori delle Alpi Marittime e del Mercantour in prossimità dei nuclei abitati e sui pascoli non più utilizzati. Tale abbandono favorisce l’espansione temporanea di questa specie sui territori di media montagna compresi fra i 1000 e i 1600 metri sul livello del mare, poiché il progredire dell’invasione da parte degli arbusti nei pascoli abbandonati aumenta temporaneamente le disponibilità trofiche ideali per la specie, a cui segue però il successivo instaurarsi del bosco che invece ne limita gli spazi vitali.

Il geotritone, unico al mondo

Il geotritone (Speleomantes strinatii) è un piccolo anfibio con abitudini molto discrete, ed è uno dei vertebrati più celebri dello spazio Marittime Mercantour in quanto endemismo ristretto. In effetti il suo areale di distribuzione è molto limitato: con un’estensione di qualche decina di chilometri quadrati all’estremità sud-est della Francia e nord-ovest dell’Italia. È presente in un’ampia fascia altitudinale che va dal livello del mare sino a una quota di 2400 metri. La scelta dell’habitat è prima di tutto determinata dalla temperatura (tra 3° e 18°C) e dall’umidità (almeno 75%). Per questo motivo lo si ritrova spesso in grotte, crepacci, ghiaioni, cavità artificiali, ma anche nei boschi e sulle sponde dei torrenti. Altre specie del genere Hydromantes sono presenti in Italia, e tutte sono molto localizzate. Questo genere, endemico delle Alpi Marittime e Liguri, dell’Appennino centro-settentrionale e della Sardegna, sarebbe apparso all’inizio del terziario, 60 milioni di anni fa. La sua elusività spiega il fatto che sia stato per lungo tempo considerato raro, mentre nella maggior parte del suo areale di riproduzione è molto comune. È segnalata la sua presenza in Valle Gesso, nella alta e media Val Tinée, nella Valle Roya, mentre il limite occidentale della sua distribuzione è stimato nell’alta valle del Var, dove il geotritone è più raro. Benché localmente comune, per la ridotta estensione dell’areale di questo piccolo anfibio e il suo basso tasso riproduttivo giustificano l’attenzione che gli si dedica. In effetti le perturbazioni umane di grande portata (incendi, disboscamento) o le catastrofi naturali possono minacciare le popolazioni di geotritone, così come il disturbo arrecato dalle persone nelle grotte naturali rischiano di portare alla diminuzione degli effettivi a livello locale.

Lo scazzone e il gambero d’acqua dolce, delicati abitanti dei corsi d’acqua

Lo scazzone (Cottus gobio) è un pesce tipico delle acque freshe, poco profonde, non inquinate e ben ossigenate. Apprezza i fondali sabbiosi quelli a pietre e ciottoli, dove costruisce il nido per deporre le uova nella stagione invernale. Queste condizioni ecologiche sono soddisfatte negli alti corsi dei toreenti dei due Parchi, pertanto è frequente trovare questa specie di alto valore maturalistico nei corsi d’acqua del territorio transfrontaliero. Lo scazzone è considerato una specie vulnerabile a livello europeo. La sua sopravvivenza è minacciata dall’inquinamento chimico o organico delle acque e dall’alterazione dei fondali, che è una delle conseguenze dello sbarramenti dei corsi d’acqua.

Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) predilige le acque fresche, poco profonde e ben ossigenare. Necessita unoltre di un sito ricco di ripari dove nascondersi per poter sfuggire ai predatori. Il gambero di fiume si trova nelle valli più meridionali del territorio transfrontaliero, nella Roya, nella Bévéra e in alcuni dei loro affluenti. A livello nazionale, in Francia la specie è considerata vunerabile e la sua pesca è regolamentata. La protezione del gambero di fiume implica il mantenimento della qualità fisico-chimica dell’acqua, e ancora più importante, ilo mantenimento della varietà dei ripari dell’habitat (blocchi, radici, argini mobili).

Insetti: una moltitudine ancora da studiare

L’ecologia e lo stato di conservazione di numerose specie di insetti, di aracnidi e di molluschi sono ancora troppo poco conosciuti perché questi animali siano rappresentati a dovere nelle liste delle specie sottoposte a protezione totale o parziale.

Le specie di insetti interessate dalla direttiva “Habitat” sono quindi soltanto quelle di cui si conoscono particolarmente bene lo stato di conservazione e l’ecologia (spesso questi insetti sono bioindicatori che permettono di stimare il buono stato di salute di habitat), ma decine e decine di altri specie, di cui alcune presenti sul territorio transfrontaliero, meriterebbero di essere incluse a loro volta.

Le specie di insetti di interesse europeo nello spazio Marittime Mercantour sono poco numerose e limitate alle quote più basse. Fra queste troviamo alcune specie di farfalle :

  •  Eriogaster catax, questa farfalla notturna della famiglia Lasiocampae frequenta le siepi di latifoglie che circondano i prati e i campi fino a 1500 metri di quota.
  • Euphydryas aurinia : questa farfalla diurna della famiglia Niymphalidae, apprezza gli spazi aperti termofili situati in vicinanza dei boschi fino a 2500 metri di quota.
  • Gortyna borelii lunata: questa farfalla notturna della famiglia Noctuidae è legata alla presenza di una pianta il Peucedanum officinale, e si può trovare sui versanti secchi e nelle praterie. Poiché sono molto localizzate, le popolazioni di  Gortyna borelii lunata sono di importanza fondamentale per la conservazione della specie a livello nazionale.

Queste tre specie di farfalle beneficiano, oltre alla tutela europea, anche a una protezione a livello nazionale. La loro sopravvivenza è strettamente legata al mantenimento di aree prative a bassa e media quota.

Il cervo volante (Lucanus cervus) è un coleottero di grandi dimensioni (uno dei più grandi d’Europa) della famiglia Lucanidae, le cui larve si sviluppano nel legno in decomposizione delle latifoglie, in particolare delle querce.  Il cerambice della quercia Cerambyx cerdo, della famiglia dei cerambicidi, è anch’esso un coleottero di grossa taglia, le cui larve si sviluppano all’interno del legno della quercia. Tuttavia, rispetto al cervo volante, il cerambice sfrutta sia le piante in decomposizione che quelle ancora vivo. La presenza di queste due specie è dunque direttamente connessa alla gestione forestale: senza una politica di conservazione delle piante morte, questi coleotteri sono destinati a scomparire.

L’inclusione nella Direttiva “Habitat” di queste cinque specie presenti sul territorio Marittime-Mercantour non deve far passare in secondo piano la moltitudine di altre specie, alcune delle quali endemiche e/o rare, che vivono all’interno delle due aree protette. Il mondo della “fauna minore” (come gli artropodi e i molluschi) è ancora troppo poco conosciuto perché esista una legislazione che lo tuteli. Per far luce su questo immenso matrimonio naturale, i parchi delle Alpi Marittime e del Mercantour hanno lanciato diversi studi diretti alla conoscenza delle comunità di invertebrati del loro territorio. Le singole ricerche sono tutte entrate a far parte del grande progetto di Inventario Biologico Generalizzato descritto nella scheda 14 “Conoscere e proteggere la biodiversità”.

La Buxbaumia verde, ospite discreto del legno in decomposizione

La Buxbaumia viridis, est una delle rare briofite incluse della direttiva « Habitat » (in totale sono appena una trentina). Il suo habitat ideale è il legno marcio caduto al suolo, principalmente, di conifere, in luoghi umidi e ombrosi. Questa specie boreo-alpina trovas riugio nei boschi di conifere dei due Parchi e la sua sopravvivenza è legata direttamente alla presenza di materiale legnoso in decomposizione. Occorre anche prestare attenzione a non diradare troppo il bosco in prossimità dei popolamenti di Buxbaumia: troppa luce e una diminuzione dell’umidità potrebbero danneggiarla.

Per saperne di più: vedere anche le Schede 6 “Habitat e Endemismi” e la Scheda 14 “Conoscere e proteggere la biodiversità”

Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: