Gli usi del suolo

Dal piano al monte

L’analisi comparativa dell’uso del suolo nell’area transfrontaliera evidenzia molti tratti in comune tra i due Parchi, determinati fondamentalmente dall’appartenenza di entrambi a un comprensorio tipicamente alpino. Ciò nonostante, dal paragone tra di essi emerge una netta disomogeneità delle categorie di uso del suolo: per esempio, spicca la contrapposizione tra la notevole estensione delle praterie in quota del versante francese e l’ampiezza delle superfici non vegetate su quello italiano. Da ciò deriva uno degli aspetti più interessanti dell’area transfrontaliera nel suo complesso, ossia la marcata complementarietà tra i due versanti.

Premessa metodologica

L’uso del suolo e la sua evoluzione in funzione di fattori naturali e antropici sono due indicatori di base per l’analisi dei fenomeni ambientali. Quindi la carta di uso del suolo costituisce una delle forme di rappresentazione del territorio più efficaci ai fini della pianificazione e della gestione territoriale. Una delle sue funzioni è quella di illustrare la presenza delle diverse formazioni vegetali, naturali o di origine antropica, che di norma vengono suddivise in grandi gruppi (per esempio  praterie, foreste di latifoglie o di conifere, zone umide), senza entrare nel dettaglio delle specie che le compongono.

In questo ambito, uno spazio privilegiato è occupato dalle formazioni arboree, per due motivi principali. Prima di tutto perché in moltissimi casi gli alberi costituiscono l’espressione sintetica delle condizioni ambientali in cui si trovano a vegetare; in secondo luogo perché le foreste risultano evidenti a colpo d’occhio, sia nello studio sul campo, sia nell’interpretazione delle foto aeree.

Un modello affidabile di cartografia sistematica è offerto dalla “Carta CORINE”, realizzata tramite il progetto europeo CORINE Land Cover, che utilizza il rilevamento satellitare come principale fonte di dati. Questa cartografia in scala 1:100.000, basata su unità d’indagine territoriale di estensione minima di 25 ha, consente di ottenere a costi accettabili un livello d’informazione soddisfacente e facilmente aggiornabile, nonché una nomenclatura standard a livello comunitario. Grazie a essa si può analizzare la diversità ecologica di un territorio, simulare gli impatti esercitati dalla realizzazione di grandi opere, identificare le diverse forme di evoluzione in atto e gli eventuali squilibri territoriali.

A ogni suolo la sua destinazione

L’area transfrontaliera si configura come un grande comprensorio tipicamente alpino dalla morfologia aspra e accidentata.

Il massiccio Argentera-Mercantour, infatti, racchiudendo in sé numerose vette superiori ai tremila metri, presenta un vasto sviluppo di superfici a ghiaioni e a rupi verticali o subverticali. Queste delineano paesaggi differenti a seconda dei tipi di substrato geologico, che risultano molto vari grazie all’apporto francese di “diversità geologica” allo zoccolo eminentemente siliceo del versante italiano.

In gran parte i suoli dell’area transfrontaliera sono caratterizzati da limitazioni di carattere stazionale forti o addirittura molto forti. Infatti gli elevati valori d’inclinazione dei versanti, la scarsissima potenza del suolo, la pietrosità e l’ostilità del clima all’insediamento di specie vegetali anche se rustiche e frugali restringono la gamma delle possibili destinazioni d’uso a pascolo e bosco.

Questa affermazione vale in particolare per il versante italiano, in corrispondenza del quale la prevalenza di rocce resistenti all’alterazione penalizza anche i suoli a quote relativamente basse, impedendo un qualsiasi sfruttamento agricolo o forestale.

In generale, date le caratteristiche altitudinali dell’area transfrontaliera, predominano le occupazioni del suolo tipiche delle fasce altimetriche superiori. Partendo dalle quote più basse si evidenzia una porzione minima occupata dalle colture, quasi esclusivamente foraggiere. Più a monte, queste lasciano spazio a boschi di buona produttività, spesso sfruttati con forme di governo legate essenzialmente alle attitudini della specie edificatrice (per esempio fustaie di abete bianco sul versante francese e cedui di faggio su quello italiano). Alle quote superiori prevalgono soprassuoli composti dalle stesse specie costruttrici, ma meno produttivi, a prevalente funzione protettiva e paesaggistica.

Segue la zona dei pascoli, utilizzati in misura pressoché esclusiva da ovini sul versante francese e prevalentemente da bovini sul versante italiano. In molti casi i pascoli si presentano in mosaico con i tipici arbusteti alpini (rodoreti, alneti e, in zone ben delimitate, pinete di pino montano).

In corrispondenza del piano sommitale, ove fanno la loro comparsa i nevai e i ghiacciai, viene a mancare la presenza di suoli veri e propri, e conseguentemente scompare la copertura vegetale continua. Questa lascia il posto a singoli esemplari o a piccoli popolamenti concentrati nelle fratture delle rocce o negli interstizi dei macereti, che fungono da stazioni di rifugio d’elezione per numerose specie endemiche, altrove scomparse per le scarse doti di competitività nei confronti di specie vegetali comuni. Proprio l’abbondanza in ambito transfrontaliero di ambienti del genere, solo apparentemente ostili alla vegetazione, ha fatto di questa regione un’area floristicamente eccezionale.

Due Parchi, tanti modi di sfruttare terreni diversi

Come già è stato detto, la ripartizione della superficie per categorie di uso del suolo tra le due aree protette è piuttosto disomogenea. Le coltivazioni risultano del tutto assenti nell’area centrale del Parco del Mercantour e sono pressoché insignificanti anche quando si passa a considerare l’area di adesione; anche sul versante italiano esse non interessano che superfici minime, non cartografabili. Sul versante francese la principale forma di occupazione del suolo è rappresentata dai pascoli d’alta quota. I prati rasi occupano infatti il 44% della superficie totale del Parco. Se ai pascoli vengono poi associate le superfici pascolate occasionalmente, come i lariceti e la fascia degli arbusti subalpini, ben più della metà dell’area protetta spetta a questa componente. I settori eminentemente pastorali sono rappresentati, in ordine d’importanza decrescente, da Haut-Var, Haute- Tinée, Haute-Ubaye e Haut-Verdon.

Sul versante italiano, invece, i pascoli interessano poco più del 20% della superficie protetta, considerando insieme prati-pascoli, rodoreti e praterie vere e proprie.

Il Parco del Mercantour si configura anche come un’importante area forestale. I boschi, concentrati nel cuore del Parco e nella fascia immediatamente intorno, ricoprono una superficie pari a poco meno di 85.000 ettari, ossia il 40% dell’estensione totale. Più della metà della copertura arborea è composta da conifere, in particolare da larice, molto diffuso nei settori della Haute-Tinée e della Haute-Ubaye. La maggior percentuale di boschi misti conifere-latifoglie la si ritrova nel settore Roya-Bévéra, mentre i boschi misti di latifoglie abbondano nella Moyenne-Tinée. Un 10% della superficie totale dell’area protetta spetta a formazioni d’invasione dei suoli abbandonati.

Da parte italiana, la superficie boscata raggiunge il 30% dell’estensione totale. Nel suo ambito le faggete, quasi esclusivamente pure in relazione alla scarsa continentalità dell’area e all’intenso sfruttamento pregresso, rappresentano la formazione forestale più estesa, interessando più di 4.500 ettari compresi tra gli 850 metri e i 1700 metri di quota. A proposito di questa categoria forestale, va segnalata la presenza di diverse fustaie centenarie, che ancora oggi svolgono un’insostituibile funzione di protezione dalle valanghe e dal rotolamento di massi a favore delle infrastrutture sorte ai loro piedi: sono le famose “bandite”. Tra di esse la più famosa è la bandita di Palanfré, che si estende su una decina di ettari a monte dell’omonima borgata nel comune di Vernante.

Tra i soprassuoli di conifere italiani il primato spetta ai lariceti, che ricoprono una superficie di circa 900 ettari in corrispondenza dei siti a microclima continentale compresi nella fascia subalpina. Una certa importanza è ricoperta anche dell’arbusteto di pino montano, ben rappresentato al limite orientale dell’area protetta; attualmente questa boscaglia risulta in lenta espansione favorita dalla contrazione del carico di bestiame monticato nell’area in cui si trova insediato.

Nel Parco del Mercantour, le aree non vegetate occupano il 10% della superficie. La zona centrale in particolare, ospitando le vette più elevate, ha la più alta concentrazione di suoli minerali (11.000 ettari) e di laghi (ben 45 ettari spettano al solo Lac d’Allos, il più grande lago naturale alpino in ambito europeo).

Sul versante italiano, la superficie dei suoli non vegetati è ben maggiore; tale componente, ripartita tra rocce, macereti, ghiacciai, laghi e bacini artificiali, costituisce infatti poco meno della metà dell’intera area protetta.

Per saperne di più: vedere la Carta I e le Schede 6 - “Habitat e endemismi” e 8 -“Un territorio sfruttato e pianificato” (Cultura).

Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: