La reintroduzione del gipeto

Un progetto a lungo termine, sul cammino verso il successo

Il gipeto barbuto è uno dei rapaci più grandi e più rari d’Europa. Fino all’inizio del XXsecolo, era presente in quasi in tutte le zone montuose dell’Europa meridionale, da cui è in seguito scomparso a causa della pressione antropica. Nel 1978 è stato avviato un progetto internazionale di reintroduzione nell’arco alpino, nell’ambito del quale i Parchi delle Alpi Marittime e del Mercantour costituiscono i siti di rilascio più meridionali: ad anni alterni, una delle due aree protette ospita una coppia gipeti reintrodotti. A partire dal 1993, sono stati liberati 41 uccelli : nel 2012 l’operazione ha avuto luogo nel Parco delle Alpi Marittime e avviene nel Mercantour nel 2013. In questi ultimi anni, si è formata una coppia stabile nell’alta Valle dell’Ubaye, che è riuscita a riprodursi per la prima volta nel 2008.

Biologia ed ecologia

Con una apertura alare che va da 2,65 a 2,85 m e un peso variabile da 4,5 a 7,1 kg, il gipeto (Gypaetus barbatus) è uno dei più grandi rapaci osservabili sulle Alpi, ma anche una delle specie più rare in Europa. Può arrivare a pesare da 4,5 a 7,1 kg nell’età adulta, che raggiunge al settimo anno d’età. Il piumaggio definitivo è tipicamente contrastato: le parti superiori sono scure mentre il ventre è color crema, a volte arancione. Nel giovane è più uniforme, con una dominanza del marrone scuro. Il piumaggio intermedio dell’immaturo presenta ali e testa scuri fino al compimento del terzo anno d’età, corpo marrone chiaro, mentre quello del subadulto ha già le piume del capo bianche e le copritrici dell’ala grigie. Dal momento che la muta richiede molte energie, ci vogliono ben 4 anni perché l’intero piumaggio venga cambiato, attraverso la muta in sequenza di alcune penne delle ali, della coda e di parte del corpo ogni anno. In base alla fase della muta è possibile riconoscere i vari individui e determinarne l’età fino a che non hanno vestito il piumaggio da adulto.

Nell’ecosistema montano, il gipeto si pone all’apice della catena alimentare. Esclusivamente necrofago, si ciba delle carcasse di ungulati selvatici e domestici che trova in quota. Si nutre in particolare di ossa, che rompe asciandole cadere sulle pietre. Le mangia e le digere interamente grazie ai suoi potenti succhi gastrici. Così svolge una vera e propria funzione di “spazzino delle montagne” al servizio della natura e degli allevatori.

L’abbondanza di risorse alimentari è una condizione essenziale per la riproduzione e la ricolonizzazione della Alpi da parte della specie. Come tutti i grandi rapaci, la capacità riproduttiva del gipeto non è elevata e si attesta al massimo su un indice di 0,50  giovani/coppia all’anno nelle popolazioni in espansione, mentre si orienta su 0,35 giovani/coppia all’anno nelle popolazioni più stabili. Ciò significa che le coppie non si riproducono tutti gli anni e, se lo fanno, non tutti gli anni riescono a portare all’involo un giovane. Come nell’aquila, vengono deposte di norma due uova, ma solo uno dei due pulli si sviluppa. La deposizione avviene in pieno inverno, fra dicembre e fine febbraio, perché la stagione riproduttiva dura circa 8 mesi. La cova dura 55 giorni e l’allevamento del giovane nel nido 120 giorni. La nascita dei pulcini coincide con la primavera quando, a causa dell’elevata mortalità invernale che colpisce gli animali alpini e allo scioglimento delle nevi che lascia sul terreno le carcasse di ungulati, il cibo è più abbondante e facilmente reperibile. La sua abitudine di cibarsi di carcasse portate giù dalle valanghe può costargli cara: nel Parco delle Alpi Marittime un subadulto di gipeto è stato trovato in estate nel deposito di valanga, non si sa se ucciso dalla caduta della neve o dallo spostamento d’aria ad essa connesso.

La storia

Nell’Europa occidentale del XIX secolo, la forte pressione umana che avrebbe trasformato il volto delle Alpi e di altri gruppi montuosi, ha anche causato l’estinzione di quasi tutti i grandi carnivori, rapaci compresi. Così, mentre l’aquila reale è riuscita a resistere, il gipeto è stato meno fortunato : l’uso del veleno, le fucilate, la depredazione dei nidi anche a fini di collezionismo, la sua bassa capacità riproduttiva, hanno portato la popolazione alpina alla totale scomparsa. Le ultime riproduzioni sulle Alpi sono documentate nelle vallate occidentali fra il Gran Paradiso e le Alpi Marittime e risalgono al 1914, mentre gli ultimi individui superstiti vengono ancora osservati fino agli anni Trenta. Da allora e fino ai rilasci degli anni Novanta, sono note solo alcune osservazioni di giovani o immaturi, la cui ipotetica provenienza può essere ricondotta alla popolazione dei provenienti dai Balcani o dalla Corsica.

Oggi, tenuto conto del suo alto valore naturalistico, il gipeto barbuto è protetto da diverse convenzioni europee :

  • l’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE “Uccelli”,
  • l’Allegato II della Convenzione di Berna,
  • l’Allegato II della Convenzione di Bonn,
  • l’Allegato II della Convenzione di Washington,
  • l’Allegato C1 del Regolemento CEE/CITES.

In Francia gode inoltre della protezione garantita dal Provvedimento ministeriale “Uccelli” del 5 marzo 1999 (ai sensi dell’articolo L 411-1 e 411-2) e dal Provvedimento ministeriale del 12 dicembre 2005 che vieta il disturbo intenzionale della specie. In Italia il gipeto è tutelato dalla Legge 157/1992. Il Libro Rosso delle specie minacciate in Francia lo classifica come “in pericolo” anche a livello Europeo.

Il progetto di reintroduzione

Dopo un primo tentativo di reintroduzione fallito, effettuato in Alta Savoia nel 1974, con individui adulti e immaturi provenienti dall’Afghanistan, si è dovuto aspettare le prime riproduzioni in cattività per poter ipotizzare un successo nei rilasci.

Nasce così nel 1978 il progetto di reintroduzione attuale, che ha portato dal 1986 al 2012 a rilasciare sulle Alpi 190 individui, involatisi in quattro zone delle Alpi: una in Austria (primo rilascio nel 1986), in Alta Savoia (1987), in Svizzera (1991) e infine nelle Alpi del Sud: Parc national du Mercantour (1993) e Parco delle Alpi Marittime (1994).

Dopo i primi insuccessi relativi al rilascio di animali adulti, per loro natura meno adattabili a nuove condizioni ambientali, nell’attuale progetto di reintroduzione viene seguito il metodo detto dell’“hacking”: i giovani rapaci, a circa 90-100 giorni di vita e prima che siano in grado di volare, sono collocati nella grotta di rilascio e nutriti fino al momento in cui sono pronti all’involo e all’emancipazione totale. Si è così scommesso sull’istinto di “homing” (filopatria) molto spiccato della specie, che spinge i singoli uccelli a insediarsi nelle vicinanze del nido.

Per parecchie settimane a partire dal momento del rilascio, viene seguito un protocollo comune di osservazione, basato su vari parametri - beccate, battiti di ali, tempo di volo - che permette di valutare il processo di adattamento degli uccelli al loro nuovo ambiente. Dopo l’involo dal sito di rilascio, i giovani sono osservati sulle montagne del massiccio Argentera-Mercantour: solo in un secondo tempo si spostano, se si spostano, verso gli altri settori delle Alpi. Questa fase, detta di dispersione, dura per circa 2-3 anni, a seguito della quale gli immaturi si installano in un’area più o meno ristretta, in attesa di trovare un partner. Parallelamente, capita di osservare uccelli provenienti da lontano sorvolare il cielo dei due parchi transfrontalieri.

Possiamo essere sufficientemente sicuri delle osservazioni, perché tutti i gipeti rilasciati sono stati marcati visivamente con la decolorazione delle penne e con anelli colorati, che permettono di seguirne gli spostamenti o di identificarne le spoglie: il monitoraggio della popolazione e in particolare delle coppie che si riproducono è in effetti un elemento di importanza fondamentale del programma. La protezione dei siti di riproduzione dai disturbi antropici e la messa in sicurezza dei cavi aerei pericolosi sono alcuni degli obiettivi prioritari del piano nazionale d’azione francese 2010-2020.

Il programma di rilascio ha beneficiato del sostegno finanziario della Comunità Europea (progetto LIFE) e della Fondation Prince Albert II de Monaco. La Fondazione ha deciso di sostenere un nuovo programma di rilasci sui siti dei due Parchi per il periodo 2012-2014, al fine di accelerare la ricolonizzazione delle Alpi del Sud da parte del gipeto.

L’evoluzione della popolazione nell’area Marittime Mercantour

Sul sito italo-francese sono stati rilasciati finora 41 individui e sono previsti rilasci almeno fino al 2013, per un totale di 43 giovani gipeti. Essendo marcati è possibile seguirli per i primi due anni di vita, grazie a una rete di enti e di osservatori volontari che raccolgono i dati e li condividono a livello locale e internazionale. È possibile così monitorare gli spostamenti dei gipeti. Alcuni si sono spostati in altre aree delle Alpi. Per esempio, Aisone, rilasciato nel 1998 in Valle Gesso, ha formato nel 2006 la prima coppia riproduttiva dell’Engadina (CH). Analogamente, numerosi altri individui hanno vagato nelle Alpi settentrionali francesi, ma una parte si è insediata nell’area interna o limitrofa ai due Parchi, andando a formare le prime coppie a partire dal 1999. Così, a partire dal 2000, i primi uccelli rilasciati, ormai diventati adulti, hanno tentato senza successo di riprodursi in Valle Stura. Nel corso degli anni è stato possibile osservare come il nucleo delle Alpi Sud-Occidentali continui a gravitare a cavallo della frontiera e formi unioni stabili o meno stabili, che colonizzano soprattutto le vallate costituite da rocce sedimentarie, dove sono presenti nuclei svernanti di stambecco.

Nel 2007 una coppia di gipeti si è installata nell’alta Valle dell’Ubaye e l’anno successivo è riuscita a riprodursi per la prima volta. Il giovane Parouart si è involato dal suo nido il 16 agosto 2008 : è stato il primo caso di riproduzione riuscita in natura nelle Alpi del Sud dopo più di un secolo e ha segnato il successo del programma di reintroduzione. Infatti, osservando ciò che è successo in altre aree alpine, la formazione delle prime coppie riproduttive di norma ha permesso di creare in seguito dei nuclei stabili che hanno dato vita a popolamenti che si auto sostengono. Nel 2009 e 2010 la coppia non ha portato a termine la cova, sia a causa del disturbo dovuto ad operazioni aeree, sia per cause non ancora precisate. Ma nel 2011 si è involtato un altro gipeto, Ubaye. La coppia dell’alta Ubaye è composta oggi da Sereno (maschio rilasciato nel 2000) e Mercantour (femmina rilasciata nel 1994). Fin dal 2011, una giovane coppia si è insediata nell’alta Valle della Tinée tuttavia senza riuscire a riprodursi finora.

Secondo il modello delle altre aree alpine, possiamo sperare che queste prime coppie daranno vita a un nucleo di popolazione più importante, stabile e autonomo.

La raccolta delle osservazioni

Il gipeto è considerato una specie faro o “specie ombrello” (umbrella species) : proteggendo il gipeto si protegge il suo spazio vitale e, di conseguenza, anche le altre specie che vivono negli stessi ecosistemi alpini. Inoltre, essendo una specie emblematica e relativamente identificabile, attraverso di essa è possibile coinvolgere molte persone nella raccolta dati e sensibilizzarle nella protezione della natura.

Dall’avvio del progetto è stata fatta una campagna d’informazione e di sensibilizzazione che ha coinvolto decine di migliaia di persone in tutte le Alpi. Anche i due parchi del Mercantour e delle Marittime mettono in gioco le loro professionalità per mantenere alta l’attenzione su questo rapace, anche attraverso la pubblicazione annuale del bollettino Infogipeto (ww.parcoalpimarittime.it), che raccoglie tutte le informazioni relative al progetto di reintroduzione.

La campagna di informazione e di sensibilizzazione lanciata per riabilitare l’immagine di questo magnifico rapace corre in parallelo alle iniziative perché una popolazione di gipeti possa insediarsi stabilmente nello spazio transfrontaliero. Si gioca qui una partita di livello europeo, dal momento che il successo della ricolonizzazione delle Alpi del Sud è determinante per permettere gli scambi genetici con le popolazioni corse e pirenaiche di gipeti.

I numeri del gipeto

Il programma di reintroduzione internazionale ha permesso, dal 1987 a fine 2012, il rilascio di 190 gipeti barbuti sull’arco alpino, di cui sfortunatamente una decina sono stati ritrovati morti e una ventina non sono mai più stati avvistati. Nel 2012 si contano 20 coppie che hanno portato all’involo 11 giovani. Nello spazio transfrontaliero complessivamente 41 uccelli hanno preso il volo dal 1993 a oggi. Grazie alla rete di monitoraggio costituita dai due Parchi, ogni anno è stati possibile raccogliere un buon numero di dati quantitativi organizzati per classi d’età. Così, durante il 2012 sono stati stabiliti complessivamente 159 contatti nell’area del Parco del Mercantour, con l’identificazione di 97 uccelli. Il numero di avvistamenti è aumentato notevolmente nella zona settentrionale del Parco, con un certo numero di uccelli territoriali che lascia ben sperare per l’insediamento di nuove coppie. Per le Alpi della provincia di Cuneo nel corso del 2012 sono state raccolte 71 osservazioni, riferite sia a giovani marcati, che ad immaturi, subadulti e adulti sedentari. Le aree più interessanti continuano ad essere la Valle Gesso, la Val Maira e la Valle Stura.

L’associazione degli avvoltoi

Negli ultimi anni un altro grande rapace ha fatto la sua regolare comparsa sui versanti dei due parchi. Il grifone (Gyps fulvus), scomparso anch’esso da buona parte delle Alpi nel corso del XIX secolo, sta tornando con numeri importanti, grazie a diversi progetti di reintroduzione francesi, austriaci ed italiani. La zona del Mercantour Marittime funge da zona d’estivazione per le colonie delle Prealpi francesi (Verdon, Diois-Baronnies e Vercors). La regione funge anche da crocevia fra le varie popolazioni europee : sono stati osservati sui due versanti alpini grifoni provenienti dai Pirenei, dall’Abruzzo, dall’Austria e dalla Croazia. La presenza di questo avvoltoio costituisce un importante arricchimento del patrimonio naturale dei due Parchi, poiché anch’esso, come il gipeto, svolge un ruolo di “spazzino” molto importante dal punto di vista sanitario e integra ai massimi livelli possibili la catena alimentare degli ecosistemi alpini.

Per saperne di più: vedere la Carta L. 

Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: