L’evoluzione del paesaggio

Un territorio che muta

Il paesaggio transfrontaliero ha conosciuto una profonda trasformazione a partire dalla seconda metà del Novecento, le cui cause principali sono legate allo spopolamento alpino e all’abbandono delle attività tradizionali, in particolare di tipo agrario. I due comuni di Valdieri (Valle Gesso) e Breil sur Roya (Valle Roya), di cui sono stati confrontati i catasti napoleonici (catasto del 1807 per Valdieri e del 1864 per Breil) e contemporanei, illustrano in maniera esemplare l’evoluzione dell’occupazione del suolo nel corso degli ultimi due secoli.

Valdieri in Valle Gesso: raccontare il paesaggio

Il catasto napoleonico del 1807 consente di ricostruire l’assetto del paesaggio agrario del comune di Valdieri all’inizio dell’Ottocento e di confrontarlo con la situazione attuale, evidenziando le profonde trasformazioni che hanno interessato il territorio. La mappa catastale antica tratteggia infatti un paesaggio alpino a matrice prevalentemente silvo-pastorale, riconoscibile dall’ampia estensione delle zone occupate dai pascoli, in larga misura rupicoli, e dalle consistenti porzioni di territorio interessate dalla presenza di macchie boschive e dagli ambienti rocciosi di alta quota. Le coltivazioni occupano le porzioni di territorio alle quote più basse, in prossimità dell’abitato di Valdieri e degli altri aggregati rurali, disponendosi principalmente sul versante orografico sinistro per sfruttare l’esposizione a sud-ovest, più favorevole alla coltivazione, mentre i castagneti sono collocati ai margini dei prati-pascoli, ma comunque non lontani dall’insediamento.

L’analisi della situazione attuale, dedotta dalla fotointerpretazione di immagini aeree, rileva invece un paesaggio profondamente mutato, la cui matrice è a netta prevalenza boschiva e nella quale si distinguono fasce relitte di prati-pascoli di fondovalle; le aree destinate a seminativi sono quasi del tutto scomparse, sostituite da prati stabili.

Agricoltura: un discorso interrotto (per ora)

Il dato che si riscontra con maggior evidenza riguarda dunque la drastica diminuzione delle zone occupate dai seminativi: queste nel catasto francese sono dislocate in prevalenza in due aree, ovvero nei pressi dell’abitato di Valdieri e nel vallone di Desertetto, alla sinistra orografica del torrente Gesso. Molti comuni di montagna hanno una grande estensione territoriale, a fronte di una porzione effettivamente coltivabile molto ridotta. Non fa eccezione il comune di Valdieri (153,56 chilometri quadrati), la cui percentuale di territorio destinata a “terreni lavorabili” dimostrava già nell’Ottocento un’incidenza marginale (circa il 7%) sul totale della superficie comunale. Oggi tuttavia questa percentuale è scesa allo 0,5%: si coltivano ormai infatti soltanto le terre migliori e nemmeno tutte quelle disponibili.

Sarebbe scorretto tuttavia parlare di un completo abbandono del lavoro della terra, dal momento che nel solo comune di Valdieri figurano una ventina di piccole aziende agricole. Gli stessi prati che conferiscono al territorio un aspetto pulito e piacevole non sono superfici naturalmente stabili, ma terreni soggetti a tutti gli effetti a continue cure colturali da parte dei proprietari.

Il catasto napoleonico non consente di verificare quali fossero i tipi di coltivazione condotti all’inizio dell’Ottocento , tuttavia l’area di Valdieri era ancora largamente coltivata alla metà del Novecento, data a cui risalgono fotografie e cartoline che ritraggono un paesaggio ordinato e plasmato dalle cure dell’uomo, disegnato dagli alberi di gelso posti a delimitare i confini fra i campi coltivati e dalle file di covoni di segale.

A conferma della progressiva regressione delle attività agricole, in particolar modo a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, vengono anche i dati provenienti dai censimenti dell’agricoltura dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat): l’indagine sul tema della coltivazione della segale in Valle Gesso ha permesso di verificare come la produzione di granella, che nel 1959 arrivava a circa 13.000 quintali, fosse più che dimezzata a dieci anni di distanza (si hanno infatti circa 5.000 quintali nel 1969) e drasticamente ridotta a circa 500 quintali nel 1979. La radicale contrazione delle aree destinate ai seminativi ha portato ad un significativo aumento delle zone a prato permanente e a pascolo, oltre che alla naturale riforestazione dei terreni abbandonati. Nel 2012 è ricominciata la produzione di segale in valle, con il raccolto dei primi 30 quintali di granella.

Boschi che avanzano e terrazzamenti che scompaiono: il paesaggio all’inizio dell'Ottocento

La comparazione tra il mosaico di uso del suolo dedotto dal catasto napoleonico e quello attuale permette di evidenziare un ulteriore fenomeno comune a tutto il versante italiano, che ha mutato sensibilmente il disegno del paesaggio: la variazione della superficie forestale, della quale si registra in questo periodo un netto aumento. L’espansione del manto boschivo rappresenta un fenomeno ricorrente negli anni che vanno dal secondo dopoguerra a oggi e le cui cause sono riconducibili principalmente alla sensibile contrazione delle superfici soggette al taglio e alla ricolonizzazione naturale dei terreni agricoli abbandonati. Anche la diminuzione della pratica dell’allevamento, in particolar modo di quello ovi-caprino, un tempo molto diffusa nelle valli italiane e francesi, favorisce l’aumento della superficie boschiva, che invade gli ambiti non più pascolati dagli animali. Le aree in cui il bosco ha guadagnato spazio si individuano quindi nelle terre dismesse dall’agricoltura e nelle zone precedentemente occupate dai pascoli, soprattutto nei versanti esposti a nord.

La coltivazione del castagno da frutto in ambito montano ha rappresentato per secoli la principale fonte di sostentamento della popolazione, a tal punto da far sorgere la definizione di “civiltà del castagno” per descrivere la complessità del fenomeno. La centralità del castagno viene ribadita inoltre nella stessa mappa del catasto napoleonico di Valderi, la quale, all’interno della categoria generale “bosco”, distingue con precisione le aree destinate a “castagneto”, riservando a tale coltura un’attenzione particolare anche dal punto di vista fiscale. In seguito allo spopolamento delle aree alpine, però, la coltivazione del castagneto da frutto ha subito una forte contrazione, fino all’abbandono in cui versano attualmente molti boschi.

Alberi in movimento: uno sguardo sul versante piemontese

Sulla base della cartografia storica è possibile documentare le fasi dell’avanzamento della componente boschiva nel paesaggio, e confrontare l’estensione delle foreste alle diverse epoche. La Carta Topografica degli Stati in terraferma di Sua Maestà il Re di Sardegna, redatta tra 1816 e il 1830, rimanda ad un territorio nel quale la matrice del paesaggio è di tipo misto e il bosco rappresenta una della molteplici componenti.

La mappa mostra come l’area nella quale le foreste sono più abbondanti sia la Valle Vermenagna, in particolare i versanti esposti a nord e nord-ovest dei comuni di Robilante, Vernante e Limone Piemonte. Per quanto riguarda la Valle Gesso, questa sembra disporre di macchie boschive soprattutto negli ambiti di bassa valle, ovvero nella località di Roaschia, mentre Valdieri ed Entracque paiono averne una dotazione minore. Il territorio della bassa Valle Stura era certamente occupato in larga parte dai seminativi, mentre a quota più elevata spiccano le grandi macchie di bosco di Demonte e Vinadio.

Una seconda sezione cronologica è deducibile dalle tavolette dell’Istituto Geografico Militare di Firenze relative alla campagna di rilievo del 1902 (poi aggiornata nel 1928/33), che mostra un territorio nel quale la componente forestale si è espansa, e documenta il lento ma progressivo spopolamento che, a partire da questo momento, inizia a caratterizzare il territorio delle Alpi Marittime. L’abbandono delle terre e il graduale trasferimento della popolazione che si sposta verso i principali comuni di pianura, dove le fabbriche richiedono manodopera e le città sembrano offrire migliori condizioni di vita, è ben testimoniato dall’aumento della copertura boschiva rispetto a quanto rilevato dalla cartografia della prima metà dell’Ottocento. Il dato demografico dello spopolamento può essere verificato a campione su uno dei comuni della Valle Gesso, ovvero il comune di Entracque, per il quale la serie storica ricavata dai dati dell’Istat mostra come gli abitanti siano diminuiti di quasi un terzo del totale nell’arco di soli cinquant’anni e siano passati dagli oltre 3300 nel 1861 a meno di 2400 nel 1911. La trasformazione avvenuta sul paesaggio rispecchia pienamente il fenomeno demografico: le macchie di bosco rilevate al 1816/30 si sono allargate fino a fondersi fra loro, in particolare nell’area della bassa Valle Stura, nelle località di Roccasparvera, Rittana, Valloriate e Aisone, sebbene in maniera simile si rintraccino i segni dell’espansione delle foreste sia in Valle Vermenagna, sia in Valle Gesso.

L’incremento delle foreste è ben documentato dallo stato dell’attuale copertura boschiva (rilevata sulla base dei dati dell’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente nel 2008), che riflette il grado di abbandono in cui versa attualmente il territorio, i cui dati sullo spopolamento demografico fotografano una popolazione di circa 2000 abitanti suddivisi su tre comuni. L’attuale estensione dei boschi ricopre quasi integralmente il territorio transfrontaliero, fatta eccezione per il fondovalle, dove i coltivi e i prati rimasti si concentrano in prossimità degli abitati, e per gli ambiti ad alta quota, nei quali l’altitudine consente la diffusione delle sole specie arbustive ed erbacee.

L’esempio del comune di Breil sur Roya: un’istantanea dell’evoluzione del paesaggio

Basandosi sugli stessi strumenti impiegati per l’analisi del comune di Valdieri (catasti, cartografia, fotografie) è stato possibile condurre un’analisi diacronica dell’occupazione del suolo che descrive l’evoluzione dei territori e dei paesaggi nel Parco del Mercantour. Il comune di Breil sur Roya offre un esempio degli studi condotti.

Breil sur Roya, un contesto geografico particolare

La geografia locale fa di Breil un comune stretto fra le influenze alpine e mediterranee. Offre tuttora e offriva una larga varietà di paesaggi, che l’analisi della cartografia storica ha permesso di ricostruire. L’insediamento, costruito su di una terrazza in un’ansa della Roya e all’ingresso di una stretta gola, aveva possibilità molto limitate di espansione, in particolare negli immediati dintorni del nucleo storico: gli abitanti non potevano che costruire sulla riva destra e sulle terre in precedenza coltivate.

Alla fine dell’Ottocento, l’economia di Breil si basava principalmente sul pascolo e sulla coltivazione dell’olivo. Grazie alla sua posizione strategica sulla via del sale che univa il litorale di Nizza al Piemonte e lungo la linea ferroviaria Nizza-Cuneo, inaugurata nel 1928, qui la popolazione ha mantenuto un livello costante fino all’indomani della Seconda guerra mondiale, quando si è verificato un brusco decremento demografico.

Il catasto napoleonico e quello moderno : per capire meglio l’utilizzo del suolo

Il confronto fra il catasto napoleonico del 1864, le carte del 1982 e i dati attuali permette di comprendere l’evoluzione delle componenti del paesaggio di questo territorio e rivela un’organizzazione del paesaggio legata a una determinata logica di uso del suolo. È evidente, per esempio, come le attività agro-silvo-pastorali presenti sul territorio comunale siano disposte in base all’organizzazione delle vie di comunicazione e al tempo di percorrenza richiesto per raggiungerle partendo dal paese. Sulla base di questo presupposto, nella seconda metà dell’Ottocento si potevano distinguere tre grandi categorie di utilizzo del suolo.

Le terre situate a meno di un quarto d’ora di cammino dal centro del villaggio erano riservate a due tipi di utilizzo: gli orti (coltivazioni destinate all’uso alimentare delle famiglie e non alla commercializzazione dei prodotti) e gli oliveti, i “frutteti” mediterranei per eccellenza. Gli orti dovevano trovarsi immediatamente a ridosso del paese perché occorreva recarvicisi anche più volte al giorno per coltivare e per raccogliere i prodotti necessari in cucina. Gli oliveti invece era necessario averli vicini per poter fornire a questa importante coltivazione commerciale tutte le cure necessarie.

Fra una mezz’ora e tre quarti d’ora di cammino si succedono le coltivazioni essenziali che richiedono attenzioni e irrigazione: altri oliveti, vigne e campi di cereali. Nei dintorni si trovano inoltre dei laboratori di trasformazione dei prodotti agricoli e dei mulini (di cui tre misti, per la macina delle olive e del grano), mentre una rete di vie dei comunicazione attraversa la zona e permette alle persone di spostarsi con facilità. Queste coltivazioni sono per lo più destinate alla produzione commerciale, ma in parte completano le necessità alimentari del villaggio (sia degli abitanti che dei loro animali), dal momento che nei dintorni dell’abitato non c’è spazio sufficiente per gli orti.

Questa zona di quota modesta e in parte boscata offre varie possibilità di sfruttamento, dal pascolo del bestiame al taglio di legname.

Oltre i tre quarti d’ora di marcia e oltre una certa quota, gli oliveti e le altre coltivazioni commerciali spariscono del tutto.

Sono ormai i pascoli, i prati e le foreste che costituiscono l’essenziale di questi paesaggi a seconda dei versanti. Il grande “Bosco nero”, sul lato esposto a nord (all’ubac), è una vasta foresta (probabilmente di conifere, il catasto del 1864 non lo precisa), così come era una foresta quella sita lungo il corso inferiore della Maglia, il cui legname veniva sfruttato dalle segherie. Sul versante esposto a sud (all’adret), i pascoli sono costituiti da pascoli grassi, prati e due begli alpeggi - Authion e Col del Brouis - nettamente superiori agli altri pascoli, spesso ripidi e frammentati.

Oltre alle tre frazioni abitate tutto l’anno (la Giandola, la Maglia moyenne e il vallone di la Lavina), gli altri luoghi costruiti, troppo in quota per essere abitati anche d’inverno, non sono che dei ricoveri utilizzati durante la bella stagione. A questa quota, una fitta rete di sentieri attraversa i versanti mettendo in collegamento frazioni, boschi e pascoli. Bisogna aspettare la fine del Settecento per assistere allo sviluppo delle prime vie di comunicazione carrozzabili: la prima è l’antica Via del sale che collegava Nizza a Cuneo. Seguono le strade militari, tracciate a partire dalla fine dell’Ottocento nell’ambito dei lavori di fortificazione del Dipartimento diretti dal generale Séré de Rivière: sono le cosiddette “strade dei cannoni”. Negli anni Trenta del Novecento è quindi la volta delle costruzioni legate alla linea Maginot. Infine è la linea ferroviaria Cuneo-Nizza, già menzionata, a collocare Breil sur Roya al cuore delle vie di comunicazioni.

Dallo studio del catasto moderno, una lenta evoluzione dell’utilizzo del suolo comunale

Possiamo constatare che il comune di Breil-sur-Roya, ancora basato su un modello di utilizzo di tipo agro-silvo-pastorale semplice nel corso dell’Ottocento e fino all’inizio del Novecento, ha in seguito attraversato grandi cambiamenti all’origine della progressiva trasformazione degli usi del suolo.

In primo luogo, l’esame delle superfici totali non edificate dimostra una leggera variazione fra i due catasti: scarti che si possono spiegare con una diminuzione delle superfici delle terre agricole dovuta almeno in parte alla costruzione della stazione ferroviaria, che espropria quasi un chilometro di aree coltivate. La prima zona, quella negli immediati dintorni del paese, rivolta a sud e votata all’olivicoltura, mantiene questa vocazione.

I terreni di complemento agli oliveti (vigneti e prati) spariscono invece a vantaggio di terre dedicate agli orti, le cui superfici aumentano nettamente. Lo stesso accade per le zone lungo la Roya, dove gli orti avanzano, mentre il bosco, gli incolti e i cedui sostituiscono oliveti, vigne e prati irrigati. Anche i castagneti sono in notevole regressione.

Questa tendenza traduce la riduzione dell’importanza commerciale dell’agricoltura per i bregliesi: i campi di cereali spariscono quasi del tutto e anche l’olivicoltura, che pure resiste, viene relegata a un ruolo economico secondario.

Le terre agricole vengono a poco a poco edificate, mentre i vecchi sentieri continuano ancora a essere utilizzati per raggiungere le località a poco a poco raggiunte anche dalle strade. Le zone intermedie (terreni e pascoli) evolvono sotto l’effetto dell’abbandono: a poco a poco vengono riconquistati dal bosco.

I pascoli non subiscono grandi modifiche, perché la pastorizia resiste più a lungo, anche se i pascoli a bassa quota subiscono a loro volta l’avanzata degli arbusti e della boscaglia. I ricoveri in quota, abbandonati a se stessi, cadono velocemente in rovina.

Così gli usi del suolo si sono progressivamente modificati, spostati o invertiti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e per tutto il Novecento. Oggi il comune di Breil mostra un volto completamente nuovo.

Conclusioni

L’evoluzione del paesaggio di Breil sur Roya che ci viene restituita dalla comparazione diacronica fra i catasti antichi e moderni non può venir separata dalle profonde trasformazioni osservate su tutto il territorio del Mercantour nel corso del Novecento, i cui effetti sono stati tuttavia minori. Oggi Breil sur Roya è uno dei comuni più popolosi della Val Roya (circa 2000 abitanti). I dintorni del paese sono ormai stati urbanizzati dalle ville sorte al centro degli oliveti, per lo più di proprietà privata e destinati all’uso domestico. I versanti all’ubac mantengono invece una copertura forestale densa e gli alpeggi accolgono ancora ogni estate le greggi transumanti.

Sito realizzato nell'ambito del PIT "Spazio transfrontaliero Marittime Mercantour" Programma ALCOTRA 2007-2013 e rivisto e aggiornato con il progetto: